Toghe, è scontro aperto tra avvocati e magistrati: «Sì alle carriere separate»

Toghe, è scontro aperto tra avvocati e magistrati: «Sì alle carriere separate»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 28 Giugno 2021, 08:30
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Nessuna sintesi, difficile trovare un punto di incontro, a giudicare dai toni e dalle conclusioni. Difficile trovare una sintesi tra magistrati e avvocati, sul tema più divisivo possibile, quello legato alla riforma sulla separazione delle carriere. Da un lato due magistrati, il pm Antonello Ardituro (ex consigliere del Csm, oggi al pool reati contro la pubblica amministrazione) e il giudice Tullio Morello (ex gip, oggi presidente di sezione), che hanno difeso la propria posizione: «La riforma sarebbe devastante, deleteria - spiegano con toni diversi - perché rischia di creare un pm sceriffo o un pm subordinato al potere politico». Apriti cielo. Piazza Cenni, camera penale, convegno organizzato dal presidente del direttivo Marco Campora, nessuno è d'accordo tra gli avvocati intervenuti, mentre i due parlamentari invitati (il deputato di Italia Viva Catello Vitiello e il senatore della Lega Francesco Urraro, entrambi avvocati in carriera), consumano un abbraccio inedito all'insegna dell'opportunità di spingere avanti la riforma. 

Ma proviamo a mettere a fuoco lo scontro.

Si parte dal caso Verbania - spiega il presidente Campora - dove il gip che non ha convalidato i fermi del disastro del Mottarone è stato messo all'indice, strappando la solidarietà degli avvocati napoletani (rappresentati dal presidente Antonio Tafuri).

Tocca al giudice Morello il diritto di replica. Esiste un condizionamento delle Procure sui giudici? O meglio: di fronte al rischio che i pm si scelgano i giudici, non è meglio separare i percorsi professionali all'origine? «Ho conosciuto circa duecento gip, non ho mai avuto la percezione di un condizionamento dei pm nei confronti dei colleghi giudici. Gli avvocati fanno di questa battaglia una bandiera, che in realtà non migliorerebbe lo stato della nostra giustizia. Il vero problema è che negli ultimi trent'anni è cresciuto una forma di giustizialismo esasperato, per il quale tutto è reato. Tutto diventa materia nostra. In questo scenario, l'unica parola da pronunciare è amnistia, che è la precondizione di ogni possibile progetto di riforma da mettere in campo, c'è un problema di sbilanciamento tra l'azione cautelare e la fase processuale, che crea la lunghezza dei processi. Bisognerebbe battersi per bilanciare le piante organiche, per fare in modo che il numero dei gip e dei giudici di primo grado sia equilibrato. Altrimenti, lo sbocco resta la prescrizione, che è come una amnistia». Interviene l'avvocato Bruno Von Arx, docente e decano del foro napoletano: «Ci sono riforme senza costi, a partire dalla necessità di una rifondazione morale, all'insegna della funzione pubblica che un magistrato svolge quotidianamente, nel solco del lavoro che svolgeva prima della riforma del codice dalla figura del pretore-giudice». Dello stesso avviso, il consigliere dell'ordine Alfredo Sorge, che ricorda la figura del «pretore che rinviava a giudizio davanti a se stesso, però poi assolveva. Quegli uomini erano dotati di una formazione culturale e umana diversa rispetto all'attualità. Quanti proscioglimenti ci sono oggi al termine dell'udienza preliminare? La riforma del giusto processo ha come ineludibile corollario la separazione delle carriere».

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Tocca al pm Ardituro rispondere a una domanda: perché ai pm fa paura la seperazione dalle carriere dei giudici? «Una riforma sbagliata, controproducente, che arreca gravi danni al sistema giudiziario: aleggia da 30 anni nel dibattito pubblico, a dimostrazione che non è fortemente voluta da opinione pubblica, ma anche dagli stessi avvocati. Da pm ostico ma leale ho paura di me stesso separato da un giudice. Volete davvero un Csm di soli pm? Così diventiamo ancora più autoreferenziali, in un paese in cui siamo perennemente alle prese con l'emergenza del radicamento delle mafie». Tocca a Leopoldo Perone, esponente della camera penale, e al penalista Bruno Larosa (autore di romanzi in cui si affronta il tema della deriva dell'azione investigativa), ricordare le degenerazioni dell'attuale sistema, a partire dal caso Tortora, ai tanti segnali di insofferenza nei confronti di un giudice terzo: «La riforma, con due Csm, garantirà il controllo dei pm, ormai è diventato uno sbocco inevitabile in tema di garanzie». Fatto sta che i toni si accendono, tocca al past president Attilio Belloni chiudere il convegno, con la provocazioni finale: «Per i pm tutti il processo penale è uno strumento di lotta dei fenomeni criminali (non un accertamento delle singole responsabilità)...». Immediata la replica del pm Ardituro, «non accetto questa provocazione, non sono conclusioni accettabili...». 

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