Napoli, 12enne accoltellato e mamme in rivolta: «Nessuna denuncia, vince l'omertà»

Napoli, 12enne accoltellato e mamme in rivolta: «Nessuna denuncia, vince l'omertà»
di Mariagiovanna Capone
Domenica 2 Giugno 2019, 08:30 - Ultimo agg. 16:40
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Cinque punti di sutura. Tre esterni e due interni, a confermare che la coltellata alla coscia non è un graffietto ma la lama è affondata nella carne. Un gesto che lascia basiti se si considera l'età della vittima che è appena dodicenne. Enzo (nome di fantasia) frequenta la prima media alla scuola «Poerio» e nella chat dei genitori la notizia dell'aggressione nei giardinetti di piazza Mercadante, rimbalzata solo dopo due giorni, ha spaventato tutti. Soprattutto perché non c'è stata denuncia da parte della famiglia del bambino, che non ha ritenuto necessario informare nemmeno la dirigente scolastica, Daniela Paparella, da sempre molto attenta ai fenomeni di bullismo e violenza, al punto da organizzare durante l'anno scolastico numerose iniziative e invitare i suoi studenti a denunciare. E per evitare situazioni pericolose, ha però deciso che l'ultimo giorno di scuola (venerdì 7 giugno) le classi usciranno a orari scaglionati, così da «evitare incidenti incresciosi» e non senza aver allertato le forze dell'ordine.
 
Ma la storia del dodicenne accoltellato a Chiaia non è l'unica in materia di minori. Ieri notte è ancora una bravata di giovanissimi ad imporsi sulla cronaca cittadina, provocando momenti di paura assoluta. Sono le 23.20, in via Scarlatti, al Vomero. Siamo all'altezza della paninoteca Macdonald, quando scoppia il putiferio. Nella zona ci sono decine di giovanissimi, si avvertono in modo chiaro tre colpi di pistola. Tre detonazioni in rapida successione, probabilmente nel bel mezzo di una lite: ce n'è abbastanza per far piombare la zona nel caos, con la fuga in tutte le direzioni di giovani e adulti. Si pensa a un agguato di stampo camorristico, finanche a un attentato. La folla si disperde, mentre intervengono i carabinieri. Da una prima ricognizione si comprende che non ci sono feriti, ma c'è stata una probabile lite culminata in un gesto dimostrativo, volutamente ad effetto. Non sono stati rinvenuti bossoli, probabile che siano stati sparati colpi a salve, anche se sul punto le indagini sono andate avanti nel corso dell'intera nottata. E anche in questo caso sono le babygang ad essere nel mirino. Al momento si apprende che una ragazzina di 14 anni è rimasta lievemente ferita dal colpo a salve, mentre a scatenare il putuferio sarebbe stato un minore con modi da capetto e cappellino con visiera.

Ma torniamo al ferimento del dodicenne a Chiaia, torniamo alla storia dell'accoltellamento. Mercoledì scorso nella parte più ampia dei giardinetti di piazza Mercadante, un gruppo di ragazzi di prima media si intrattiene come fa spesso al pomeriggio. Dei ragazzi più grandi, tra i sedici e i diciotto anni, stanno improvvisando una partitella di calcio e come altre volte è accaduto, Enzo chiede di giocare. «È molto bravo, un fuoriclasse» confessano gli amici. Dal fisico assai minuto non si direbbe, ma la sua, pare, sia «una bella tecnica di gioco, per questo i ragazzi più grandi lo accettano in squadra volentieri». Una parola di troppo durante un assist di palla non agganciato ed ecco che un ragazzo inveisce contro Enzo. La risposta non si fa attendere: una parolaccia, un'altra. E quello più grande reagisce con violenza spropositata, infilzando la coscia di Enzo con un coltellino. Il dodicenne ha mantenuto il sangue freddo anche dopo il fuggi fuggi del gruppo con l'aggressore, mentre i compagni di classe si sono spaventati molto e non hanno nascosto la paura guardando la macchia di sangue che si allargava sul pantalone. Enzo li ha tranquillizzati, non prima di farsi promettere di non dire niente a nessuno, perché l'aggressore lo conosce ed è uno «fetente». Poi si avvia verso casa, ai Quartieri Spagnoli, rifiutando di chiamare i suoi genitori o farsi accompagnare, e poco più avanti lo carica un amico sullo scooter. Il segreto sull'accoltellamento che i ragazzini si erano promessi è durato un giorno, poi qualcuno ha confessato. Di qui l'esigenza di alcuni genitori di raccontare il brutto episodio sulla chat di classe per tutelare i loro figli e di coinvolgere la preside. Facile capire che i timori di vendette e altre aggressioni restano comunque alti.
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