«Noi restiamo qui a Napoli», la lezione delle vittime delle babygang

«Noi restiamo qui a Napoli», la lezione delle vittime delle babygang
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 17 Gennaio 2018, 10:19
4 Minuti di Lettura
Era un incontro cui teneva molto e che ha sollecitato. Un appuntamento, durato quasi un'ora, che ha preceduta la riunione formale del Comitato nazionale di sicurezza alla Prefettura di Napoli. Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, voleva incontrare e parlare con alcune vittime delle aggressioni di baby gang degli ultimi giorni, sentire i loro racconti, comprendere i loro stati d'animo. Parlare anche con i loro familiari. E aveva chiesto al prefetto Carmela Pagano di invitare chi fosse disponibile all'incontro riservato con il ministro.

Sono arrivati in sei. C'era Arturo, aggredito quattro settimane fa in via Foria a Napoli, con la mamma Maria Luisa Iavarone; c'erano Marwan e Abdu, i due ragazzini maghrebini aggrediti domenica scorsa nella villa comunale di Pomigliano, uno con il papà e l'altro con lo zio. Non c'era protocollo, non esisteva alcuna etichetta precostituita. Minniti ha voluto subito mettere a loro agio i ragazzi e li ha invitati, a turno e mantenendo toni cordiali mai formali, a raccontare la loro bruttissima esperienza.
 

Marwan e Abdu hanno parlato molto più dei loro parenti, intimiditi e con poca conoscenza dell'italiano. E hanno ripetuto il racconto di quanto vissuto, descrivendo l'immagine dei coetanei che li hanno circondati e picchiati, fuggendo poi con un loro smartphone. Poi, la loro pronta reazione e, con l'aiuto di alcuni presenti, la telefonata ai carabinieri che ha consentito di bloccare subito due degli aggressori.

Poi, Arturo, con la sua voce ancora alterata per i colpi di lama ricevuti e in attesa di un nuovo intervento chirurgico, ha rievocato le scene drammatiche delle gratuite coltellate precedute dai banali pretesti per intercettarlo e provocarlo. Il ministro ha ascoltato con attenzione e ha poi elogiato l'impegno della mamma di Arturo, artefice e promotrice di una marcia di reazione delle mamme. Dice Minniti: «È molto importante che dalle aggressioni siano nate delle reazioni della mamme, che considero un contributo concreto della società alle nostre politiche sulla sicurezza».
 
Maria Luisa Iavarone ha voluto ripetere, anche al ministro, le i limiti e le manchevolezze della sua esperienza di madre dopo l'aggressione che ha messo a rischio la vita del figlio. E ha detto: «Non esiste un sistema integrato sulla sicurezza a Napoli. Pensi che, quando in via Foria qualcuno chiama il 113 come è capitato a me, bisogna indicare il marciapiede dove è avvenuto l'episodio su cui si chiede l'intervento. Cambia la competenza del commissariato in base al marciapiede». E ancora: «Non parliamo della videosorveglianza, appaltata, a quanto ne so, a tre diverse società che utilizzano sistemi tecnologici differenti non compatibili».

Il ministro ha ascoltato con attenzione, ha annotato le osservazioni critiche tanto da commentare poi al termine dell'incontro: «Ho conosciuto persone molto coraggiose, che hanno dimostrato una forza di reazione straordinaria rispetto a quello che hanno vissuto». E ancora: «Per me è stato un incontro di grande arricchimento personale».

Ad Arturo, Minniti ha chiesto, con toni paterni: «Hai ancora paura? Vuoi restare a Napoli, anche nel tuo futuro?». E il ragazzo ha risposto: «Avverto una grande responsabilità per quello che mi è accaduto, per ora resto qui, poi non so».

Un testimonial contro le violenze, con l'amarezza che, a quattro settimane dall'aggressione in via Foria, tre dei ragazzini responsabili sono ancora liberi. Ma soprattutto la constatazione della scarsa collaborazione dimostrata dalla gente della zona dove è avvenuto l'accoltellamento di Arturo.

«Io sono calabrese e capa tosta - ha risposto il ministro Minniti alla triste denuncia-constatazione di Maria Luisa Iavarone - Sono determinato nel carcere di trovare il modo di affrontare queste situazioni. È necessario un tavolo stabile di collaborazione delle famiglie con le istituzioni. Se avrete suggerimenti e indicazioni, potrete sicuramente portarle al prefetto che è il punto di riferimento istituzionale del governo più vicino e stabile».

All'incontro doveva partecipare anche Stella, la mamma di Gaetano il ragazzo di Melito aggredito venerdì scorso fuori la stazione della metropolitana di Chiaiano. Ma era accanto al figlio, ancora ricoverato all'ospedale di Giugliano per le ferite ricevute. Attraverso il prefetto Carmela Pagano, la signora Stella ha inviato un messaggio al ministro: «Grazie per l'invito e l'attenzione, ma devo restare ancora accanto a mio figlio. Sarà di sicuro per un'altra volta».

Le vittime e le loro famiglie. I loro racconti, le loro reazioni, le loro paure, le loro proposte. Di Arturo, il ministro Minniti dice: «È un ragazzo molto coraggioso, che ha dimostrato grande spirito di reazione, in grado di portarlo a voler fare di questa esperienza uno stimolo di impegno anche per gli altri. E poi ha una mamma molto attiva, che ha saputo creare una grande attenzione su queste vicende cercando di coinvolgere l'impegno di più mamme».

Un preludio importante, prima della discussione operativa nella successiva riunione del Comitato di sicurezza nazionale. Un passaggio che ha segnato il ministro Minniti e, sull'incontro, sono state vietate fotografie per evitare strumentalizzazioni sull'iniziativa. Perché, ha spiegato il ministro, l'incontro è nato solo dalla voglia di conoscere direttamente dalla voce dei protagonisti le drammatiche esperienze vissute.

Spiegando poi: «Sono venuto a Napoli, perché considero quanto accaduto atti simili al terrorismo. Sono aggressioni con vittime scelte a caso proprio come quelle dei terroristi. Con questa mia iniziativa, metto la faccia ancora una volta sui problemi della sicurezza in questa città».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA