Avrebbero dovuto stringere una nuova vita tra le braccia e, invece, la loro piccola non è mai nata. È la dolorosa storia di Amelia e Gianpaolo, giovane coppia napoletana, sui cui volti oggi è difficile scorgere un sorriso.
I fatti risalgono al 26 ottobre 2018: Amelia, che tutti chiamano Lia, si ricovera in una clinica privata napoletana per un parto cesareo programmato il giorno successivo. Quando arriva alle 19.30 viene sottoposta a un tracciato cardiotocografico.
Dopo l’accertamento Amelia si sistema nella stanza che le è stata assegnata. Rivedrà i medici soltanto il mattino del giorno seguente, prima dell’ingresso in sala parto. Sottoposta a controllo, l’atroce scoperta: il cuoricino della bambina non batte più. La piccola è deceduta durante la notte. Gianpaolo richiede immediatamente l’intervento della polizia, vengono denunciati i fatti e si attiva la macchina giudiziaria per fare chiarezza sul caso.
«Perdere un figlio così vuol dire perdere la vita – racconta Amelia, 25 anni, già mamma di un bimbo di 6 anni - Come genitori siamo distrutti. Spero che quello che è successo a noi non capiti ad altre persone e che sia fatta giustizia perché nostra figlia ne ha diritto. Non si può morire così e non si può perdere un figlio così».
Ma cosa avrebbe causato la morte della bambina? Sul suo corpicino viene disposto un esame autoptico. Tuttavia i risultati della perizia svolta dai consulenti nominati dalla Procura di Napoli stridono con quelli della difesa di Gianpaolo ed Amelia. A fare ulteriormente luce su cosa potrebbe aver indotto il feto in sofferenza e sulle eventuali responsabilità saranno le indagini, ancora in corso. Di certo, la sete di giustizia di Gianpaolo è implacabile. «Mi affido alla magistratura. Se qualcuno ha commesso un errore deve pagare.
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