Gino Sorbillo e le accuse: «La bomba uno spot? I danni li ho avuti io»

Gino Sorbillo e le accuse: «La bomba uno spot? I danni li ho avuti io»
di Paolo Barbuto
Lunedì 29 Luglio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 19:04
3 Minuti di Lettura
Sorbillo, la bomba di gennaio non era per lei...

La domanda apre una voragine di parole, considerazioni, riflessioni che si condensano in un concetto duro, deciso: «Questo non cambia nulla, io non arretro di un passo, resto un baluardo contro la camorra perché sono un figlio del centro storico e non posso accettare di vedere la mia terra stritolata dagli estorsori».

All'indomani degli arresti per la bomba di via Tribunali che doveva finire nel balcone di un pizzaiolo che abita sopra Sorbillo e cadde per errore davanti al locale, c'è ancora tensione sulla vicenda.
 
Sorbillo, dicono che lei abbia preso al volo l'occasione per farsi pubblicità.
«Dicano ciò che vogliono. Io in quei giorni ne ho sentite tante, dal racket ai razzisti che contestavano la mia faccia dipinta in onore del calciatore Koulibaly, dal segnale dato al territorio colpendo un'insegna importante all'errore di un attentatore. So solo che i danni li ha avuti la mia pizzeria».

E lei ne ha approfittato per finire in vetrina...
«Ne avrei fatto molto volentieri a meno. Credetemi. Chi dice queste cose provi ad essere svegliato nel cuore della notte dalla notizia che una bomba è scoppiata davanti al suo locale».

Anche nelle intercettazioni si sente raccontare questa vicenda. Una persona a lei vicina dice: «Ha avuto 500 euro di danni, sta facendo un milione di euro di pubblicità».
«Sono parole, solo parole. Con quella persona ho parlato anche ieri e ho già chiarito. E poi vuol sapere una cosa?».

Prego, dica.
«Sono felice che quella bomba non sia andata a segno. Se l'avessero lanciata dove intendevano colpire, sarebbe finita su un balcone dietro al quale dormivano donne e bambini. Meglio qualche danno alla mia pizzeria che il dolore di una tragedia generata dalla camorra».

Gli atti dell'indagine su quella bomba svelano una zona, quella di San Gaetano, nella morsa del racket.
«È quello che mi fa più rabbia, sapere che quel che tutti sussurrano alla fine è vero. Scoprire dagli atti ufficiali che la parte di Napoli nella quale sono nato e per la quale mi batto da sempre è ancora nelle maglie strettissime della camorra».

Non dica che lei non se ne era accorto.
«Altro è dar retta alle voci della strada, altro è averne consapevolezza da documenti ufficiali. Vede, se si volesse dar conto ai si dice, si rischierebbe di finire nella palude del qualunquismo. Io finché non ho certezze ufficiali non presto fede alle voci».

Alla fine pare che tutti sapessero quel che accade in quella parte di Napoli, che tutti conoscessero i malviventi protagonisti di questa vicenda.
«Ma ora le indagini lo confermano. E allora vuol sapere cosa le dico? Io non arretro di un passo: nei giorni dell'esplosione mi sono schierato in prima fila nella lotta alla malavita e al racket, oggi anche se ho la certezza di non essere nel mirino voglio continuare ad essere in prima fila. È necessario dimostrare che si può lottare, contrastare, combattere».

Con maggior serenità, sapendo di non essere nel mirino.
«No, con maggiore intensità e a disposizione di tutto il quartiere. Dico con forza che Gino Sorbillo è a disposizione di tutti: chi si sente vessato e sotto pressione e non sa come uscire dalla morsa del racket mi chiami, andremo assieme dalle forze dell'ordine, ci sarò sempre per la mia città, per la mia zona».

Vuol trasformarsi in paladino? Mica sta cercando un nuovo modo per garantirsi notorietà?
«Per piacere, la smetta, e con lei la smettano tutti quelli che criticano e fanno ironia. Voglio lanciare una sfida: io sarò sempre a combattere la camorra e gli organi di informazione non ne sapranno nulla. Io non ho bisogno di questo tipo di pubblicità ma ho un gran bisogno di vedere il mio quartiere che si scrolla di dosso la melma della camorra».
© RIPRODUZIONE RISERVATA