Napoli, bracciante morto nei campi di Varcaturo: pool della Procura contro i «caporali»

Napoli, bracciante morto nei campi di Varcaturo: pool della Procura contro i «caporali»
di Cristina Liguori
Lunedì 2 Settembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 11:26
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Le indagini sulla morte del bracciante agricolo Pasquale Fusco continuano serrate. La Procura di Napoli nord e i carabinieri della Compagnia di Giugliano stanno tentando di far luce su quanto successo lo scorso mercoledì in un terreno a Varcaturo. Il 55enne, stroncato da un infarto, è morto mentre raccoglieva meloni in una serra. Lavoro in nero, pagato 40 euro al giorno. Il proprietario dell'azienda agricola è ora indagato per omicidio colposo, utilizzo di lavoratori in condizioni di sfruttamento, ovvero caporalato, e violazioni delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
 
L'uomo, P.A., 40 anni, rischia grosso. Se infatti si dovesse accertare che la morte del bracciante è stata causata direttamente dal mancato rispetto delle norme in materia igienico sanitaria sul lavoro la pena sarebbe pesante. Rischierebbe probabilmente il carcere. Tra l'altro il 40enne, per evitare sanzioni relative all'impiego irregolare di lavoratori all'interno del suo fondo agricolo, aveva anche tentato di «assumere» il 55enne un'ora dopo la sua morte. L'assunzione postuma è una procedura regolare ma di certo non dopo il decesso del lavoratore, come nel caso scoperto dai militari dell'arma guidati dal capitano Andrea Coratza.

Si attendono i risultati dell'autopsia. La salma del bracciante si trova ora al secondo Policlinico. Perché è morto Pasquale? Il troppo caldo? La disidratazione? Troppo lavoro in pochi giorni? Interrogativi ai quali l'esame autoptico dovrà dare risposta. È certo che il bracciante lavorava nel campo da circa un mese e che ogni mattina la sveglia suonava alle 4. Da Caivano raggiungeva il terreno di Varcaturo, distante circa mezz'ora dalla sua abitazione, per rincasare in serata. Pasquale ha lasciato moglie e tre figli che ora dovranno sopravvivere e cavarsela senza la sua guida e il suo sostegno.

Il caporalato è purtroppo una fenomeno molto diffuso e nonostante l'approvazione della legge questa odiosa pratica non accenna a diminuire. La norma approvata nel 2016 infatti non ha avuto gli effetti sperati. La causa? Poche denunce e un'articolazione delle disposizioni troppo complicate da attuare. «Purtroppo il punto è che nessuno denuncia lo stato di sfruttamento, le denunce sono pochissime - spiega il capo della Procura di Napoli Nord Francesco Greco - Il problema maggiore è che bisognerebbe mettere in campo una serie di controlli, cosa non facile in un territorio tanto vasto e con una fame di lavoro così diffusa: forse non basterebbe l'esercito». Per contrastare il fenomeno del caporalato, dilagante tra la provincia di Napoli e la provincia di Caserta, la Procura di Napoli nord ha messo su anche una task force: «Abbiamo creato un team di magistrati proprio per debellare il caporalato, cosi come abbiamo fatto con il lavoro nero nel comparto dell'edilizia - continua Greco - In quest'ultimo settore c'è stato un aumento dei decessi e si è reso necessario creare una squadra che se ne occupasse. Abbiamo fatto lo stesso per il problema dello sfruttamento nei terreni agricoli ma non abbiamo ottenuto gli stessi risultati». Il punto cardine resta dimostrare la condizione di sfruttamento: «Sembra un passaggio irrilevante - continua il procuratore - ma non lo è. Dimostrare lo stato di sfruttamento è complicato e intervenire è molto complesso. Per questo stiamo interagendo con i sindacati di categoria, con le associazioni, con la Caritas, alla quale molti dei braccianti, quasi tutti migranti, si rivolgono. Speriamo che questa azione capillare ci porti gli stessi risultati ottenuti sul campo dell'edilizia, ma è un processo lungo».
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