Napoli, nel call center fantasma il lavoro costa 3,5 euro

Napoli, nel call center fantasma il lavoro costa 3,5 euro
di Maria Pirro
Sabato 9 Febbraio 2019, 08:00
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Diciassette ragazze al lavoro per tre euro e cinquanta centesimi all'ora. Sottopagate e senza contratto nel call center - il primo completamente in nero individuato a Napoli. Non in uno scantinato, ma in un grattacielo del Centro direzionale tutto cristallo e acciaio, vicino al palazzo di giustizia.

Sono tutte giovani, impiegate in media da tre mesi, le diciassette operatrici prive di diritti e tutele identificate durante l'ispezione della Guardia di Finanza. La decana è una quarantenne pronta a rispettare turni di quattro ore, in genere, ma «h 24», contattando cioè i clienti di giorno e di notte per sopravvivere con 400, massimo 500 euro al mese, a volte anche meno. Lo hanno accertato gli uomini del I Gruppo di Napoli, che negli uffici hanno anche acquisito il foglio di presenze e compilato una scheda per ogni posizione, calcolando, in totale, 1789 giorni di sfruttamento, cui è seguita una maxi sanzione e la richiesta di chiusura dell'attività indirizzata all'ispettorato del lavoro (e non ancora disposta) per la società collegata in subappalto a una importante compagnia di telecomunicazioni, ovviamente estranea all'indagine più ampia.
 
Gli uomini del I Gruppo, insieme con i colleghi della compagnia di Portici e le tenenze di Ischia e di Capri, hanno infatti scoperto altri 32 lavoratori in nero. Anche ai baretti di Chiaia e in un B&B poco distante, nei ristoranti e nelle pizzerie del centro storico e in un hotel a tre stelle sull'isola verde.

Ma il caso più clamoroso è, appunto, il call center in nero. «Non ci sono precedenti di questo tipo in città, la vicenda è spia di uno scenario che si fa sempre più drammatico», lancia l'allarme Alessandra Tommasini, segretario generale della Slc Cgil Napoli, che segnala anche enormi disparità tra gli addetti in regola, al variare del datore di lavoro e della tipologia di contratti. «Quelli a progetto, assunti da società che provvedono al servizio in subappalto, incassano la metà o neanche un terzo della cifra percepita dai colleghi», spiega la sindacalista, facendo notare che «tale situazione di sfruttamento colpisce anche i laureati, soprattutto le donne che rappresentano l'80 per cento degli operatori nel settore e, per esigenze familiari, cercano più spesso un impiego part-time».

A proposito delle differenze di salario. «Il dipendente di una compagnia telefonica, il più tutelato della categoria, riceve circa 15 euro all'ora, 1.300 euro al mese», spiega Tommasielli. «Il più sfruttato guadagna, invece, 3,5 euro all'ora più i contributi». E, non basta anche la paga superiore alla minima, come quella di 6,65 euro all'ora indicata da una 31enne laureata in critica giornalistica e teatrale, che sogna di fare l'attrice e accetta di parlarne ma a patto che non sia indicato il suo nome. Numerosi, dunque, sono i doppiolavoristi. E, per loro, il vero tormento è la precarietà «perché i contratti vengono rinnovati ogni due o tre mesi, a volte sei, quasi mai di anno in anno». Peggio. Negli ultimi mesi, per effetto del decreto dignità che ha limitato le proroghe dei contratti a termine, c'è un ulteriore fenomeno che Tommasini definisce preoccupante: «Almeno trecento operatori esperti in città non hanno più avuto il rinnovo, un problema che non aver previsto risorse per la stabilizzazione. E, nel provvedimento del governo , sono insufficienti anche le misure adottate per arginare il fenomeno della delocalizzazione dei call center in paesi come l'Albania e la Croazia».
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