Napoli, una soffiata avvisò il boss che sfuggì alla retata: caccia alla «talpa» del clan

Napoli, una soffiata avvisò il boss che sfuggì alla retata: caccia alla «talpa» del clan
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 9 Novembre 2020, 00:15 - Ultimo agg. 11:05
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Covo caldo, maledettamente caldo. Una soffiata poche ore prima del blitz, un’imbasciata decisiva a far scattare la fuga, con una latitanza che preoccupa per le ricadute di violenza sul territorio: in fuga dallo Stato e dai nemici, il nuovo boss di Miano regge ancora le fila del suo clan, impone estorsioni, manda la gente a fare le «bussate» (con tanto di pestaggio per i commercianti che non pagano il pizzo). Strano scenario, a partire dall’alba del 20 ottobre scorso. È ancora notte, sta per scattare la retata che punta a colpire l’ultima generazione di presunti narcos dell’area nord di Napoli. Blitz contro quelli del clan Cifrone, meglio conosciuti come «’ngopp Miano», sono i presunti eredi del clan Lo Russo. Ricordate la sorpresa? Ventidue arresti, ne mancava uno solo. Il più influente, il presunto boss: si chiama Gaetano Cifrone, manca all’appello da meno di un mese, viene ritenuto capace di gestire ancora un pezzo di economia criminale alle porte di Napoli.

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E non è l’unico filone di indagine sul suo conto. Già perché c’è la convinzione che qualcuno lo abbia informato degli sviluppi delle indagini sul suo conto. Una soffiata. Doverosa una domanda: c’è una «talpa» che ha avvisato il boss? Stando a quanto emerso finora, Gaetano Cifrone era ovviamente consapevole delle indagini sul suo conto, specie dopo quelle che qualche mese fa hanno colpito i suoi rivali storici, quelli del clan Balzano (leggi abbasc Miano). Ma era stato comunque avvistato sul territorio, non si era mai allontanato da quell’intreccio di strade che collegano Miano alla periferia nord. Era un target a tiro, tanto che le forze dell’ordine erano pronte a notificargli la misura cautelare firmata dal gip Tommaso Miranda, al termine delle indagini condotte dal pm anticamorra Maria Sepe. Un blitz riuscito quasi del tutto, con oltre venti arresti, ma con una sola macchia nera: la fuga del boss, quello indicato dalle indagini come il nuovo capo del sistema di spaccio a ridosso di via Janfolla, ma anche violento tessitore di una trama di estorsioni a nord di Napoli.

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Un retroscena, quello di una possibile «talpa» che ha avrebbe avvertito il boss, che emerge dal sequel delle indagini, anche alla luce dello snodo di questi giorni. È fissata per questa mattina l’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame, per i vertici del clan Cifrone, in uno scenario che ha fatto registrare una serie di conferme investigative.

Tutte le posizioni analizzate fino a questo momento dai giudici del Riesame hanno ribadito la solidità dell’inchiesta, respingendo la richiesta di revoca di arresti a carico di presunti esponenti di vertice e semplici gregari.

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Ora si attende una valutazione sulla posizione del presunto capo del sistema criminale nato all’indomani dello smantellamento del clan Lo Russo. Difeso dal penalista Domenico Dello Iacono, Gaetano Cifrone dovrà difendersi dall’accusa di aver organizzato un gruppo di affiliati per colpire quelli legati ad un’altra compagine nata dalla fine dei Lo Russo, vale a dire quelli di Matteo Balzano. Uno scenario ricostruito anche grazie alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Luca Covelli, che resta cristallizzato attorno a due gruppi in guerra tra loro: quelli di ‘ngopp Miano (Cifrone) e quelli di abbasc' Miano (Balzano). Decine di affiliati in guerra tra loro per la gestione di uno spaccato di case popolari, non solo droga al centro delle indagini. Stando a quanto emerge dalla lettura della misura cautelare firmata dal gip Miranda, il gruppo di Cifrone avrebbe taglieggiato decine di imprenditori, con il cosiddetto pizzo delle forniture. Pane della camorra, altri generi alimentari, merce per tabaccherie e negozi per prodotti casalinghi. Roba scadente imposta a mo’ di tangente, in un clima di violenza che si è abbattuto negli ultimi mesi su un intero spaccato metropolitano. E non sarebbe bastata la retata di venti giorni fa a migliorare l’atmosfera a nord di Napoli. Proprio nei giorni della grande fuga del presunto boss emergente, sarebbero stati riscontrati altri episodi di intimidazione a carico di commercianti della zona (come per altro attestato nelle pagine di cronaca di questo giornale), quasi a voler ribadire un concetto su tutti: la zona è sotto scacco, c’è tiene ancora la redini del clan, anche grazie alla soffiata che gli ha consentito di abbandonare il covo un attimo prima delle manette. 
 

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