Napoli e la stretta della camorra: «Io, pizzaiolo antiracket dico a tutti: denunciate»

Napoli e la stretta della camorra: «Io, pizzaiolo antiracket dico a tutti: denunciate»
di Gennaro Di Biase
Venerdì 30 Aprile 2021, 23:54 - Ultimo agg. 1 Maggio, 15:39
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Chiedono di fare fronte comune contro il racket. Un pizzaiolo (che in un recente passato ha denunciato il racket), pronto a tornare a lavorare a Napoli, quelli dell’associazione antiracket e i comitati cittadini del centro storico. 
Sono giorni più che delicati per i pizzaioli partenopei, come emerso dalle ricostruzioni dei pm della Procura di Napoli Urbano Mozzillo e Celeste Carrano, titolari dell’inchiesta culminata negli arresti dei presunti estorsori dei clan Sibillo e Mazzarella. Proprio in queste ore, dal ventre del centro storico, arriva l’esempio “virtuoso” di un commerciante che, sebbene minacciato in passato, dopo essere espatriato e aver chiuso la sua Terra Mia, sta per riaprire il locale e invita tutti i commercianti onesti a fare quadrato contro ogni forma di illegalità. 

Nell’ottica dell’agognata liberazione dal racket, per certi versi la pandemia e lo stato di eccezione che ne deriva possono rappresentare anche un’opportunità. L’assenza di liquidità delle imprese, di sicuro - e come raccontano le cronache delle ultime settimane - favorisce le cessioni aziendali e l’inserimento della criminalità organizzata nelle imprese, ma c’è anche dell’altro. «Comprendo pienamente le difficoltà economiche causate dal Covid – osserva il consigliere regionale Francesco Borrelli – Tanti commercianti sono gravati da morosità su spese, bollette e affitti.

Ma credo che proprio queste difficoltà possano contribuire a dare coraggio ai ristoratori e persuaderli a denunciare i tentativi di pizzo. La camorra tenga giù le mani dal food napoletano, specialmente in questa delicata fase di ripartenza. Va considerato che si tratta di gente senza scrupoli, che cerca unicamente di depredare il suo territorio. Quanto più si riuscirà a fare piazza pulita dal racket e dalle estorsioni, tanto più l’economia cittadina ne riuscirà florida e si riattiveranno i flussi turistici come e più di prima». «Questo è il momento migliore per rompere il silenzio, collaborare e riconquistare la libertà – argomenta Luigi Cuomo, presidente di Sos Imprese – Le forze dell’ordine e la magistratura, infatti, stanno dando segnali fortissimi. Chi si nasconde dietro l’alibi della paura è colpevole, a mio modo di vedere. Siamo in una fase straordinaria, dovuta anche alla pandemia, ma non solo. Più si denuncia, più anni di carcere si sommeranno per l’estorsore. Quando si distrugge un clan, si sa, ce n’è subito pronto un altro a subentrare nel sistema criminale. Ma con la ribellione dal basso degli imprenditori vittima di minacce, questo stesso sistema di ricambio criminale immediato rimarrà sicuramente al palo. So che ci sono alcuni pizzaioli importanti che hanno collaborato, ma so anche di altri che continuano a tacere su questo tema».  

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C’è anche del bene da raccontare, in queste ore tumultuose: una lieta novella che arriva dal mondo dei forni del ventre della città. Era stato costretto a chiudere la sua pizzeria in centro storico, Mario Granieri, in seguito alle minacce subite dalla camorra, ma non si arrende. «Dopo la chiusura, e con lo scoppio della pandemia, sono andato a lavorare all’estero - racconta lui stesso - ma le cose non sono andate bene e ho perso il lavoro a causa della gravissima crisi economica che il virus ha fatto patire anche ai ristoranti italiani sparsi in giro per l’Europa. Ho quindi scelto di tornare a casa. Nei prossimi mesi Terra Mia rialzerà la saracinesca e sarà pronta a riaccogliere i clienti. A breve metteremo a posto la documentazione. Vogliamo continuare a vivere a testa alta e senza abbassare la guardia nella splendida città in cui sono nato e dove ci sono i miei affetti più cari. Abbiamo delle potenzialità immense, a Napoli, non ci resta che stringerci tutti assieme nella battaglia per la giustizia contro il racket». 

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