Napoli: casa di riposo lager, due anziani morti saranno riesumati per l'autopsia

Si cercano riscontri su violenze, denutrizione e intossicazione da farmaci

La casa di riposo Nonna Rosa al corso Vittorio Emanuele
La casa di riposo Nonna Rosa al corso Vittorio Emanuele
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 9 Giugno 2023, 22:59 - Ultimo agg. 11 Giugno, 11:13
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Ora sarà possibile fare l’autopsia sul corpo dei due anziani deceduti poche settimane fa nella casa di cura di corso Vittorio Emanuele 656. Ora, dopo blitz e sequestri, dopo arresti e denunce, sarà possibile approfondire uno dei punti chiave di questa brutta storia di cronaca cittadina: stabilire eventuali nessi tra il presunto maltrattamento subito all’interno della residenza privata sequestrata due giorni fa e il decesso avvenuto proprio mentre erano ospiti della struttura. I rifelttori restano puntati sulla ormai famigerata “Casa nonna Rosa”. 

Ora che le carte sono state discoverate, ora che un filmato ha svelato il clima di tensione in una clinica da 1500 euro al mese, si potrà fare altri approfondimenti: è probabile infatti che verranno acquisite le cartelle cliniche dei due pazienti - parliamo di Giuseppe Mattiucci e Renato Fidanzini - per capire se ci sono state somministrazioni di medicinali; se ci fossero patologie in corso e quali terapie hanno ricevuto.

Chiaro il ragionamento della Procura: si indaga per decesso come conseguenza di maltrattamenti, in uno scenario investigativo nel quale saranno le analisi dei consulenti tecnici di ufficio a dire la loro versione. Bisognerà infatti accertare eventuali segni di denutrimento o la presenza di violenze. Massima attenzione anche su un altro aspetto, che riguarda l’ipotesi di intossicazione da sedativi. Stando a quanto emerge dalle intercettazioni agli atti, nella casa di cura si sarebbe largheggiato con i sedativi. Erano diverse le forniture di Tolofen e Serenase, medicinali da somministrare su autorizzazione medica in caso di comportamento particolarmente aggressivo. Una circostanza che emerge da una riunione dei dipendenti interni alla struttura, organizzata dalla amministratrice Valentina De Maio, con l’obiettivo di fare chiarezza sull’uso di questi farmaci.

Scrive il gip che ha firmato i sette ordini di arresti (tre in cella, quattro ai domiciliari): «La manager si insospettisce per la velocità con cui finiscono i medicinali, tanto da chiedere spiegazioni e affrontare la questione in una riunione ad hoc». Inutile dire che le giustificazioni addotte dal personale interno risultano abbastanza generiche, tanto che qualcuno si limita a sostenere che alcuni flaconi di gocce si sono infranti sul pavimento, rendendo necessari altri acquisti. Facile immaginare che le indagini punteranno a stabilire eventuali overdose da sedativi. 

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Inchiesta condotta dal pm Barbara Aprea e dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, pesa il contenuto di alcune conversazioni captate negli ultimi mesi. Come la storia della cintura. È il tre marzo scorso, mancano dieci minuti alle cinque del pomeriggio, in una stanza della Casa ci sono due operatori e tre pazienti (tra cui uno dei due soggetti deceduti): «In questa occasione, Postiglione (finito agli arresti) si rivolge a Elisa T. (anziana paziente) e dice «ho messo la cinta, vedi? Seduta e legata devi stare», a conferma della volontà di immobilizzare l’ospite». La conversazione va avanti: Postiglione: «Ti devo stringere forte? A posto!»; Elisa T: «Ma che cosa vuoi? Che stringi? Che stringi così forte?»; Postiglione: «Le stai togliendo? Te lo dissi già... non le devi togliere più!»; Elisa T: «Perché non posso toglierle più?».

Una conversazione che si svolge all’interno del locale chiamato “ingresso” nel quale è presente anche Giuseppe Mattiucci, evidentemente pochi giorni prima di morire. A questo punto interviene l’operatrice Simona Cimmarosa, che con Mattiucci usa toni volgari: «Fino a terra ce la stai facendo scendere, ma non la vedi la signora? Sta trecento volte peggio di te fisicamente e cammina e va avanti e indietro... ha la forza di volontà, se la mangia. Tu sei un lamentoso, un debosciato». Inutile dire che il paziente si limita a dire: «Non ce la faccio...». 
Ma possibile che una simile atmosfera rimanesse nel chiuso dell’appartamento di Corso Vittorio Emanuele? Agli atti alcuni whatsapp di condòmini che avevano iniziato a scattare foto dai loro balconi. È il capitolo condizioni igieniche, dal momento che sono state immortalate le lenzuola appoggiate su balconi e davanzali, con una domanda retorica: «Voi andreste a dormire su quelle lenzuola?». 
 

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