Napoli, così il castello sul Monte Echia è diventato la villa dei clochard

Napoli, così il castello sul Monte Echia è diventato la villa dei clochard
di Gennaro Di Biase
Lunedì 30 Settembre 2019, 22:48 - Ultimo agg. 1 Ottobre, 08:07
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Roberto, migrante polacco nato in una piccola città a 100 chilometri da Cracovia, sorride e ruota il pannello solare con vista Castel dell’Ovo: «L’energia elettrica la prendo da qua», dice. Poi allarga le braccia verso la terrazza di Villa Ebe, il castello costruito nel 1922 da Lamont Young su monte Echia e abbandonato dalle istituzioni dall’anno dell’incendio, il 2000. Il piano inferiore è una discarica. Ma al secondo vivono Robert e la sua compagna, tutto in ordine: pareti stuccate e anche un angolo tv. Intorno alla Villa in cui si suicidò il celebre architetto c’è invece Pizzofalcone che chiede aiuto, immersa nel degrado di un cantiere aperto ormai da 12 anni. Stessa musica per le rampe all’incrocio con via Chiatamone rette da una gigantesca rete di contenimento.
 
Per arrivare al castello bisogna salire le rampe Lamont Young, costeggiarne le case incastrate nel tufo e respirare l’atmosfera popolare e sorridente. Le balaustre, però, sono distrutte e hanno perso così tanti pezzi di pietra che le reti di contenimento le nascondono quasi per intero. «Qua si sta bene – dice Brunella Russo, una residente – Ma è tutto pericolante». A tre quarti delle rampe, dove i ragazzini giocano a pelota tra stenditoi e passeggini, la strada è interrotta da alcuni massi. È qui che si incontra Pasquale della Monaco, artista di Pizzofalcone cui il Comune ha affidato la cura del giardino esterno del castello. Della Monaco lo tiene in ordine, e da decenni organizza concerti e eventi artistici. «La Villa – ricorda – fu acquistata dal Comune nel 1997 per 5 miliardi, dopo lo scioglimento di una società che voleva rimetterla in sesto. Dopo tre anni ci fu l’incendio doloso, i cui colpevoli non sono mai stati identificati. Da allora più nulla, purtroppo».

All’esterno del castello due turiste di Trento sono sbigottite dalla bellezza e dalla devastazione dell’edificio. «Se entro al piano terra mi prende un attacco di depressione – continua della Monaco – è assurdo che un posto del genere sia ridotto così». Il piano terra di Villa Ebe è la vittoria del brutto sul bello. Montagne d’immondizia, reticoli infiniti di travi di legno, vetri colorati e rotti, disegni fallici sulle pareti di quello che è probabilmente il salotto d’arte più panoramico di Napoli. Al piano di sopra, invece, la situazione migliora. Robert abita qui. Lo si trova steso sul divano in terrazza, tra la panca e il bilanciere, le piante curate e un tavolo da lavoro. Alla sua sinistra c’è l’area della scala elicoidale, pericolante anche quella, sulla cui soglia ha appena realizzato un massetto. Alla sua destra ci sono gli appartamenti: le pareti nuove, la camera da letto, l’area svago. Se dovesse arrivare una ditta del Comune per fare i lavori? «Tengo in ordine – spiega – Inoltre, sto qui da 11 anni: se mi cacciano il Comune dovrà darmi un altro alloggio, come prevede la legge». Intanto ci sono lui e la sua compagna nella villa di Lamont Young, e tengono lontani i vandali. 

Il tour di Pizzofalcone non finisce qui. Poco dopo Villa Ebe solo erbacce, transenne e buche. Il retro della caserma Nino Bixio, purtroppo, è in condizioni disastrate, come la vicina chiesa dell’Immacolata. E su via Egiziaca si contano decine di altre transenne, erbacce e discariche. A due passi c’è il cantiere infinito dell’ascensore di Santa Lucia, sui cartelli si leggono gli stemmi di Città Metropolitana, Repubblica Italiana e Comune di Napoli. «Dovremmo finire verso la fine del 2020», dicono gli operai al lavoro. «Ovunque il Monte Echia sarebbe meta di turismo di alto livello – dice Francesco de Giovanni, presidente della I Municipalità – Qui è uno dei luoghi più degradati. Anche i terranei delle Rampe sono occupati da abusivi. Negli anni scorsi il Comune ha perso i fondi europei per il recupero delle Rampe stesse e del Castello di Lamont Young. Quest’anno sono ripresi i lavori per la costruzione dell’ascensore, iniziati nel 2007. Un’eternità. Nel frattempo però la mancanza di fondi, problemi con le ditte, intoppi burocratici e disinteresse hanno trasformato il piazzale in un cantiere eterno». 
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