Catacombe, firma anche Borgonzoni
«La Santa Sede ci ripensi»

Catacombe, firma anche Borgonzoni «La Santa Sede ci ripensi»
di Adolfo Pappalardo
Domenica 11 Novembre 2018, 09:31 - Ultimo agg. 12 Novembre, 09:26
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«Ho firmato anch'io l'appello e scriverò una lettera al Papa e alla Santa Sede affinché ci sia una marcia indietro», annuncia Lucia Borgonzoni, sottosegretario in quota Lega ai Beni culturali e al turismo. Così anche un membro del governo, in maniera ufficiale, si è unito all'appello affinché non si spezzino le gambe alla cooperativa sociale La Paranza che gestisce le catacombe di San Gennaro alla Sanità. Esperienza di lavoro unica, che garantisce uno stipendio a 40 giovani, impegnati nella manutenzione e nell'accompagnamento dei turisti nel sito del cuore di Napoli. Impegno che ora si scontra con la Commissione del Vaticano che vorrebbe, sulla base di una convenzione a suo tempo firmata, il 50 per cento degli incassi dei biglietti. Soldi che metterebbero in ginocchio questa cooperativa in cui sono impiegati alcuni ragazzi che, spesso, hanno un passato difficile alle spalle.
Petizione web che nel giro di poche ore ha visto 20mila firme sino a raddoppiare ieri sera.

Tra i due sovrintendenti (Garella e Osanna), un ex ministro della Cultura come Massimo Bray, che conosce bene questa realtà, oltre al governatore De Luca e al sindaco de Magistris (per la prima volta d'accordo, gli ultimi due). E ora anche la sottosegretaria Borgonzoni che ha conosciuto pochi giorni fa la realtà della cooperativa. Senza contare un quartiere in rivolta dove ad ogni angolo o balcone c'è uno striscione contro la commissione pontificia arrivata a battere cassa.

Sottosegretario, lei conosce il lavoro della cooperativa?
«Proprio una decina di giorni fa durante una manifestazione a Ravello mi sono imbattuta in questa esperienza che reputo straordinaria. Anzi proprio lì, prima che scoppiasse il caso di questi giorni, ho conosciuto padre Antonio Loffredo e con lui mi sono fatta avanti e resa disponibile».
 
Per cosa?
«Per dare una mano. Come sottosegretario ai Beni culturali mi sono offerta di dare un aiuto proprio perché sono stata rapita dalla bellezza e dalla riuscita di questo progetto. Un'esperienza che non è da valutare solamente in termini economici ma sopratutto dal punto di vista sociale: il lavoro per questi 54 ragazzi è anzitutto un riscatto. E non deve andare perduto».

E invece è arrivata una richiesta formale della Commissione pontificia per avere indietro significative risorse. E così tutto rischia di andare a gambe all'aria.
«La cifra è alta e rischia di dare una batosta a musei molto più blasonati, figuriamoci a una cooperativa sociale. No, non può accadere».

L'appello ha raggiunto quasi 40mila adesioni: lei ha firmato?
«Certo. Appena ho saputo ho dato subito la mia adesione. Una cosa che ho fatto con il cuore perché credo come un progetto culturale del genere non può misurarsi e valutarsi solo con cifre economiche».

Ma si stopperà tutto, purtroppo.
«Sarebbe un vero crimine per un progetto che ha cambiato la vita a molte persone e ad un intero quartiere. E capisco la loro protesta».

Pensa che si muoverà anche qualche suo collega di governo?
«Non lo so. Io, però, non mi sono fermata alla petizione e sto scrivendo una lettera alla Santa Sede per chiedere un passo indietro o comunque una ridiscussione di un vecchio accordo con i referenti della cooperativa napoletana. E mi farò promotore anche con i miei colleghi del governo affinché si possa fare qualcosa».

Una strada in salita se gli accordi firmati prevedono la metà degli introiti come per tutte le Catacombe.
«È vero ma mi appello alla sensibilità di Papa Francesco e della Santa Sede perché alla luce di quello che è stato fatto si rivedano le richieste fatte nei giorni scorsi. Non conosco gli incassi della cooperativa ma credo occorra guardare ad altri risvolti. Si dà lavoro a 40 persone che, in questo modo, si sono viste garantire, dopo magari un passato difficile, un ascensore sociale che altrimenti non avrebbero avuto. No, non si può permettere la chiusura: sarebbe comunque un crimine. E la gestione di Napoli non può essere equiparata a quelle dei siti di Roma».

Infatti padre Antonio Loffredo, il parroco della Sanità e ideatore del progetto, è molto amareggiato.
«Immagino. Ho visto con quanta gioia raccontava di questo lavoro che ha cambiato il volto del quartiere. E se gli avevo promesso il mio aiuto prima di questa vicenda, a maggior ragione lo garantirò dopo quello che è accaduto. Ma sono fiduciosa che dalla Santa Sede ci sarà un ripensamento».
 
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