Napoli, celle rivestite di azzurro nel carcere di Secondigliano: «È l’opera dei detenuti»

Premiato l’impegno all’interno dei padiglioni del carcere

Le celle addobbate
Le celle addobbate
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 1 Giugno 2023, 00:30 - Ultimo agg. 2 Giugno, 10:17
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C’è un azzurro più azzurro che in questi giorni brilla a Napoli. Non è quello dei vicoli della Sanità o dei Quartieri, non è lo stesso che sventola dai drappi di balconi e terrazze, e nemmeno quello degli effetti speciali sparati dai laser dello stadio Maradona. È il colore avvolgente che abbaglia entrando nel carcere di Secondigliano. 

Reparto Ionio, Polo Universitario: è qui la festa. Nella sezione che ospita detenuti di alta e media sicurezza la gioia per il terzo scudetto è esplosa puntualmente in contemporanea con i caroselli di gioia che gremirono le strade e le piazze la sera del 4 maggio, quando con un pareggio a Udine l’undici di Spalletti conquistò la matematica sicurezza del terzo scudetto. Da allora, i reclusi si sono dati da fare trasformando l’intero padiglione in una galleria decorata con maglie, sciarpe, teli e bandiere sulle quali campeggia quel numero magico - il “3” - che campeggia sullo scudetto tricolore. 

Hanno fatto tutto da soli, con quello che avevano o che è stato consentito di poter far entrare in una struttura carceraria - l’Istituto “Pasquale Mandato”, una cittadella penitenziaria di circa 384 mila metri quadrati che ospita 1180 reclusi e 160 “semi-liberi” - che si sta distinguendo per le iniziative assunte dal DAP e da una direzione intelligente e illuminata. 

Il Polo Universitario è una di queste, e può senza retorica definirsi un esperimento riuscito.

Anzi, un successo: con i suoi oltre ottanta iscritti (due dei quali hanno già conseguito luna laurea grazie al protocollo d’intesa stilato nel 2019 tra il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria regionale e l’Università Federico II) offre 12 differenti corsi di laurea; il polo ospita anche il progetto “Parole in libertà”, nato con la collaborazione del “Mattino” e della “Fondazione Polis”, con il contributo fondamentale del ministero della Giustizia e dell’Ufficio del Garante dei detenuti della Campania (un identico e parallelo corso di giornalismo va in scena settimanalmente anche all’interno del carcere di Poggioreale).

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Ma torniamo alla “galleria azzurra” del carcere. Non tutti gli ospiti dello Ionio-Polo Universitario sono reclusi napoletani. Ci sono tanti siciliani, calabresi e pugliesi, non pochi dei quali convivono facendo i conti con condanne già passate in giudicato o con la più severa delle pene: l’ergastolo ostativo. 

Chi scrive fa parte del pool di giornalisti che Il Mattino ha scelto per dedicare due ore e mezzo settimanali all’incontro, alla discussione e a quella che è una vera e propria riunione di redazione durante la quale si scelgono i tempi e gli autori-reclusi; ed è testimone diretto di quell’entusiasmo iniziato a montare già dall’inizio dell’anno, quando il Napoli ha dimostrato di saper premere sull’acceleratore di un campionato vissuto con il cuore in gola e contrappuntato da successi, fino alla fine.

E l’esplosione di gioia esplosa con lo scudetto aveva i volti di Francesco, di Gaetano, di Fiore, di Joanderson, Luigi Michele, Pasquale, Francesco e tutti gli altri che, al di qua di sbarre e cancelli, hanno saputo vivere la gioia finale quasi fossero persone libere. Oggi il corridoio dello “Ionio” è una specie di street gallery che assomiglia più ad un museo di pop-art che ad un carcere. 

Dietro la costruzione di questo successo, che ha la stessa valenza di uno scudetto sportivo, c’è l’impegno del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la capacità di una direttrice, Giulia Russo, che con il suo staff sta compiendo un piccolo-grande miracolo: rendere concreto e compiuto il dettato costituzionale nella parte in cui afferma che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

«Ed è a quello che puntiamo - spiega Giulia Russo - creando percorsi concreti di rieducazione e risocializzazione». Fatti, non parole. «Qui - prosegue la direttrice - c’è chi ogni giorno fa i conti con i propri errori e con le occasioni mancate. Il carcere, in fondo, resta un segmento della nostra società: per questo è importante puntare a favorire momenti di rielaborazione e rivisitazione del passato fornendo ai detenuti tutti gli strumenti utili. Così la parola “inclusione” si riempie di significati: e in questo senso sono stati realizzati eventi importanti, a cominciare dal concerto che Stinga ha voluto dedicare ai nostri ospiti, realizzando quella vicinanza tra “ultimi” in una sintesi spettacolare. La stessa che, nel loro piccolo, hanno creato i detenuti dello Ionio, con il loro museo azzurro».

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