Sanità a Napoli, è allarme ambulanze: «Tutto il centro storico senza più presidi»

Sanità a Napoli, è allarme ambulanze: «Tutto il centro storico senza più presidi»
di Melina Chiapparino
Sabato 19 Marzo 2022, 09:00 - Ultimo agg. 20 Marzo, 09:05
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Il servizio di emergenza territoriale a Napoli, perde un'ambulanza e lascia sguarnito il centro storico. Da questa mattina, il 118 partenopeo dovrà fare a meno della postazione Incurabili, soppressa a causa della «gravissima carenza di organico» che, da molti mesi, sta mettendo in ginocchio questo tipo di assistenza. Lo stop imposto dalla necessità di continuare a garantire il più possibile la funzionalità del servizio, viene definito «sospensione temporanea» nella nota della direzione generale del 118 che, però «invoca la massima attenzione e il ripristino della dotazione organica per scongiurare il rischio di non poter continuare ad assicurare tutti i servizi». In pratica, mancano medici, infermieri e autisti per coprire tutti i turni di lavoro sui mezzi di emergenza e alla centrale del 118. Ciò significa che senza l'implementazione del personale, «si rischiano altre soppressioni di ambulanze» come ha chiarito Giuseppe Galano, direttore generale del 118 e presidente dell'Associazione regionale anestesisti e rianimatori ospedalieri e dell'area critica, Aaroi-Emac della Regione Campania che ha lanciato l'ennesimo allarme sulle carenze nei comparti dell'emergenza e della rianimazione a Napoli.

La postazione Incurabili, poco più di un mese fa e sempre a causa della carenza di professionisti sanitari, era stata ridotta da 24 a 12 ore di operatività. L'ambulanza, oramai solo diurna, apparteneva alla tipologia b che prevede un infermiere e l'autista ma non il medico ed è per questo motivo che è stata soppressa. «Abbiamo avuto nuove carenze, sia per pensionamenti che per l'alta morbilità tra il personale e l'utilizzo dei permessi per la legge 104, dunque è stato necessario sospendere la postazione Incurabili per far sopravvivere quella di Ponticelli che è medicalizzata e funziona 24 ore su 24» chiarisce Galano che sottolinea come stia diventando sempre più complicato garantire il servizio «con la desertificazione delle risorse».

I numeri forniscono la dimensione della criticità. «Negli ultimi due anni, i medici del 118 sono passati da 85 a 45 e, tra questi, 30 camici bianchi sono andati via nell'ultimo anno - racconta Galano - gli infermieri erano 70 e ce ne sono circa 40 mentre degli 80 autisti, ne sono rimasti 25». Eppure, il 118 deve fronteggiare 2000 telefonate e 180 interventi al giorno. 

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Da oggi, a Napoli, non saranno più 20 ma 19 le ambulanze distribuite sul territorio, a cui aggiungere un mezzo medicalizzato a Capri ma, fra queste, c'è una sproporzione che sta mettendo in grande difficoltà l'assistenza. Le postazioni con medico a bordo che prima erano 13, ora sono solo 10 e sul totale del parco auto, 16 mezzi funzionano non stop quindi anche la notte mentre tre ambulanze solo 12 ore. «Le carenze sono provocate dai pensionamenti e soprattutto dalla grande migrazione dei professionisti verso la medicina assistenziale e territoriale» spiega Galano, sottolineando che «all'ultimo bando per il reclutamento destinato ai pronto soccorso e al 118 dell'Asl Napoli 1, hanno risposto solo due medici, di cui uno specialista e uno specializzando». «Il personale del 118 corre maggiori rischi biologici, sopporta un maggior carico di lavoro usurante e spesso fronteggia, più degli altri, aggressioni e rischi medico - legali ma a tutto ciò non corrisponde una gratificazione professionale ed economica proporzionata» spiega Galano che allarga il problema della carenza di personale anche al comparto della Rianimazione e dell'Anestesia, dove sempre più medici migrano nel settore privato. 

«La maggior parte dei medici che vanno via, sono convenzionati con l'Asl e dunque precari, per cui già la loro stabilizzazione, convincerebbe molti a restare ma, nel frattempo, si potrebbe attingere dai concorsi a livello regionale e dare priorità all'emergenza, spostando il personale Asl sulle attività preminenti» suggerisce Galano che punta, però, a una soluzione definitiva. «Ci vuole un intervento da parte del governo centrale e l'attenzione della politica locale per invocare cambiamenti contrattuali per coloro che lavorano nell'emergenza urgenza» conclude Galano precisando che gli interventi sul territorio servono anche a diminuire la pressione sugli ospedali. «Nel periodo pandemico sono stati effettuati 23mila interventi sul posto, evitando ricoveri ospedalieri». 

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