Movida, inferno a Chiaia: bimbo portato in ospedale non riesce a tornare a casa

Movida, inferno a Chiaia: bimbo portato in ospedale non riesce a tornare a casa
di Valerio Esca
Domenica 30 Ottobre 2022, 22:56 - Ultimo agg. 31 Ottobre, 17:55
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Ennesimo capitolo della movida senza regole. Il weekend di Halloween è stato da horror. La deregulation ha invaso a macchia d’olio l’intera città: dal centro storico a Chiaia, passando per il Vomero puntando dritta ai Quartieri spagnoli. Non ce n’è per nessuno. A quasi cinque mesi dalla scadenza dell’ordinanza comunale - grazie alla quale si era riusciti ad arginare seppur in minima parte il malcostume del chiasso forzoso - la movida fracassona è tornata ad impossessarsi delle vie del by-night. In attesa dei regolamenti di Polizia urbana e per «la convivenza tra cittadinanza e attività commerciali», che non sono ancora approdati in Consiglio comunale, la situazione resta fuori controllo. Nella notte tra sabato e domenica, a via Bisignano, ad un’intera famiglia che rientrava dall’ospedale Santobono dove era stato portato d’urgenza il figlio di quattro anni, è stato impedito il ritorno a casa. 

«Mio figlio soffre di convulsioni febbrili da tre anni e ieri sera intorno alle undici e mezzo ha avuto un attacco. Poco prima di mezzanotte sono uscito di casa per prendere l’auto e andare di corsa all’ospedale. Siamo tornati a casa intorno alle quattro di ieri mattina, ma ci è stato impedito di rientrare». Le parole di Fabrizio Dona, che vive a via Bisignano, lasciano impietriti. Quella che ha vissuto sulla propria pelle, insieme alla sua compagna e al suo piccolo, è una storia da tregenda. «Siamo usciti dall’ospedale alle tre e intorno alle quattro del mattino abbiamo tentato di rientrare a casa. Ho percorso la solita strada, via Morelli, e poi il tratto di via Filangieri prima di piazzetta Rodinò. C’erano motorini su entrambe le carreggiate e non siamo riusciti a passare. Mia moglie ha anche provato insieme ad alcune persone a spostare i mezzi, ma non c’è stato nulla da fare. Ho fatto retromarcia e abbiamo tentato l’ingresso da vicoletto Belledonne, incrocio con via Alabardieri» spiega Fabrizio. «I motorini, anche qui, erano ovunque - ricorda - Avevamo in auto mio figlio, molto stressato e appena uscito dal Santobono. Inoltre, soffrendo di un laringospasmo, respirava male. La polizia e i carabinieri ci hanno detto che in questi casi non intervengono, in quanto impegnati in servizi “più importanti”, mentre i vigili urbani avevano soltanto cinque pattuglie su tutto il territorio cittadino. Tutte impegnate in incidenti da codice rosso». Fabrizio, la sua compagna e il piccolo di quattro anni, alla fine non sono riusciti a rincasare. «Per fortuna avevo le chiavi di casa di mia madre, che vive a via Tasso ed era a Roccaraso.

Siamo andati da lei. Mio figlio ha riposato sul divano e noi abbiamo aspettato si facesse l’alba. A quel punto siamo tornati a casa».  

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Il papà del piccolo pone però un tema, che va ben oltre la movida: «Dobbiamo ritenerci fortunati - sottolinea - perché a mio figlio le convulsioni sono arrivate a mezzanotte. Se fosse successo più tardi non saremmo potuti uscire e un’ambulanza non sarebbe mai potuta arrivare. Se qualche residente dovesse sentirsi male durante i weekend, non ci sarebbe modo di intervenire con i mezzi di soccorso». Sono vive le immagini di Seul, dove oltre 150 persone sono rimaste uccise dalla calca durante la festa di Halloween. E a guardare le immagini di questo fine settimana all’ombra del Vesuvio vengono i brividi. I filmati diffusi da alcuni residenti dei Quartieri spagnoli dimostrano come i giovani siano ammassati uno sull’altro e basterebbe davvero poco per provocare una tragedia. «La tragedia avvenuta a Seul - evidenzia l’avvocato anti-movida Gennaro Esposito, consigliere comunale di maggioranza - ci dice che gli assembramenti con migliaia di persone in strade e piazze talvolta di ridotte dimensioni costituiscono un pericolo per tutti. Occorre che gli imprenditori di tanti esercizi commerciali di somministrazione capiscano che non sono discoteche a cielo aperto. La città non può reggere il carico urbano di tanti locali di dimensioni troppo ridotte, che spesso violano anche la normativa sanitaria e che finiscono per ospitare i loro clienti all’esterno, contribuendo agli affollamenti, non più tollerabili per ragioni di sicurezza e vivibilità». 

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