Effetto Covid a Napoli, la grande fuga dei medici: pronto soccorso e 118 senza personale

Effetto Covid a Napoli, la grande fuga dei medici: pronto soccorso e 118 senza personale
di Ettore Mautone
Martedì 6 Luglio 2021, 23:30 - Ultimo agg. 7 Luglio, 19:05
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Pensionamenti, malattie (il Covid ne ha sottratti tanti), stress, responsabilità, alti rischi medico-legali, lavoro massacrante, poche possibilità di fermarsi per ferie e riposi, scarse gratificazioni economiche e personali, le frequenti aggressioni e violenze. E poi la possibilità, aperta dall’emergenza Covid, di trovare impiego nelle retrovie, nei reparti specialistici dove svolgere appieno la professione medica per la quale si è studiato duramente da giovani. Ecco da cosa nasce la fuga dei medici dai pronto soccorso e dalla rete dell’emergenza del 118: uno stillicidio di personale qualificato che dura da anni e che oggi, aggravato dal Covid, impatta sulla tenuta di un servizio essenziale e salvavita. Una ferita aperta che rende esangui le principali trincee della sanità. A Napoli e nelle grandi città, in tutta la Campania ma anche altrove, in altre regioni d’Italia (come la Toscana) l’emergenza è ormai esplosa e impone correttivi e interventi strutturali prima che il sistema imploda. 

Cardarelli 

Le soluzioni adottate dal Cardarelli vanno dalla presentazione, con ordini formali, dei medici in organico in discipline equipollenti (in particolare Medicina interna e Chirurgia generale), al supporto ai pazienti internistici e chirurgici con consulenze in Osservazione breve intensiva (Obi).

Ma non basta se al Cardarelli, in pronto soccorso, stazionano mediamente 100 pazienti ogni giorno. C’è poi la presa in carico anticipata (boarding) di pazienti già inquadrati in pronto soccorso e destinati al ricovero in Medicina, l’attivazione del fast-track (invio diretto del paziente dal triage allo specialista di reparto in caso di codici bianchi e verdi). 

E ancora: l’impiego di medici già contrattualizzati per esigenze legate al Covid, la rotazione programmata degli specializzandi, l’inserimento, nei bandi di concorso, del vincolo per i neoassunti del 30 per cento del monte ore al pronto soccorso (provvedimento poi bocciato dai sindacati). Il panorama è sconfortante: il Cardarelli, nonostante le toppe di qualche turno rabberciato alla men peggio tiene a stento. Anche gli specializzandi hanno rinunciato tornando, dopo i primi 6 mesi di attività, alla formazione universitaria, sebbene pagata la metà. Così la prima linea dell’ospedale più grande del Mezzogiorno è passata dalle 45 unità mediche impiegate un anno fa alle 33 di oggi che sono destinate ulteriormente a diminuire. I turni di luglio e agosto presentano vuoti pericolosi con circa 828 ore per mese che mancano all’appello, senza considerare le ferie e ulteriori defezioni d’organico. 

Ospedale del Mare 

Non va meglio all’Ospedale del mare: in piccolo, riproduce gli stessi problemi del Cardarelli. 
Qui la prima linea è partita con 17 unità nel settembre del 2018, quando fu inaugurata la nuova Emergency. A regime i medici avrebbero dovuti essere in 50 ma oggi sono ridotti in 11 di cui uno esentato dai turni di notte. Il primario, Vittorio Helzel, a suo tempo assorbito dal Pellegrini, ammalatosi di Covid era tornato in prima linea ma ora è da mesi in malattia e avviato al pensionamento. Sottoposto a ispezioni della Asl il reparto in realtà andrebbe incentivato e gratificato per il lavoro che svolge. Molti giovani assunti sono andati via e lo stillicidio continua. A ogni concorso si registrano nuove defezioni e chi può emigra altrove. Anche qui la direzione sanitaria deve fare i conti con turni rimaneggiati ma la qualità del servizio ne risente. Completamente naufragato poi il progetto per l’utilizzo di guardie mediche in convenzione per badare ai codici bianchi a bassa urgenza che godevano di un’area dedicata. 

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Loreto Mare e San Giovanni Bosco 

Il Loreto per ora resta un Covid center e dunque il problema di allestire turni di accettazione non si pone. Al San Giovanni Bosco invece la ripartenza dopo, la parentesi come Covid hospital, è stata segnata dallo stop al pronto soccorso proprio a causa delle carenze di personale. Turni difficili da coprire anche in altre discipline come Ortopedia, Radiologia, Terapia intensiva e Laboratorio di analisi. Due medici del Pronto soccorso sono andati intanto a rinforzo della Medicina. Del precedente organico alcuni sono andati in pensione, altri sono in malattia e le quote coperte dal 118 sono andate perse visto che il servizio di emergenza e urgenza in città è a sua volta a corto di organico per almeno una quarantina di unità. 

San Paolo 

Dell’erosione dei pronto soccorso in città paga pegno anche il San Paolo: fino a una decina di anni fa il presidio di Fuorigrotta era un fiore all’occhiello per la medicina d’urgenza dove si sono formati decine di primari sotto la guida del caposcuola Ferdinando Schiraldi. Epoca ormai tramontata: restano poche unità che resistono ancora. Già da due anni 10 medici internisti si dividono tra il reparto e i turni in pronto soccorso e così fanno anche 8 chirurghi che vengono dal San Giovanni Bosco in regime di autoconvenzione a prestare alcune ore. 

I turni della medicina di urgenza di notte sono coperti dalla Medicina generale. In totale gli specialisti in pronto soccorso e medicina di urgenza (compreso il primario) sono in sette e governano anche le attività dell’Osservazione breve. Alcuni rinforzi, durante l’emergenza Covid, sono giunti dal Loreto. A dare man forte anche alcuni medici convenzionati del 118: da 5 sono ridotti a 3, due si sono ammalati con il Covid e non sono più tornati. I tre che restano alle prossime carenze della medicina generale potrebbero lasciare. Gli specialisti ambulatoriali? Uno ha vinto un concorso e un secondo è finito in Cardiologia mentre una guardia medica non vede l’ora di lasciare. Il direttore sanitario ha chiesto aiuto alla Cardiologia che presta l’orario per una notte a settimana ma a luglio e agosto mancano da 25 a 33 turni. Si salva invece il Pellegrini che ha una situazione più gestibile grazie alla presenza costante di specialisti ambulatoriali pagati ad ore (ma che non dovrebbero essere impiegati in ospedale). Forte l’apporto dei chirurghi (3 a turno) e di convenzionati di area medica e di internisti. Ciononostante per le ferie bisogna fare i salti mortali. Nessuno può permettersi due settimane di fila. Uno specialista ambulatoriale in chirurgia toracica impiegato per un mese in ospedale intanto andrà via in quanto ha vinto un concorso a Salerno. 

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