«Io picchiato a Napoli: ho riconosciuto i miei aggressori, ma in un anno nessuna risposta»

«Io picchiato a Napoli: ho riconosciuto i miei aggressori, ma in un anno nessuna risposta»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 23 Settembre 2019, 07:30
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Li ha guardati negli occhi e non ha avuto alcuna esitazione: ha puntato l'indice e li ha riconosciuti. Uno dopo l'altro, al termine di ricognizioni visive che si sono tenute negli uffici di polizia: «Eccoli, sono loro - ha detto dinanzi agli investigatori - non ho dubbi. Eccoli, sono quelli del branco, sono stati loro a mandarmi in ospedale». Una testimonianza forte, quella di Julio Cesar Costa Junior Caravalho, picchiato un anno fa da un branco di giovanissimi all'esterno di un pub di Fuorigrotta. Una testimonianza rimasta al momento priva di esiti investigativi noti.
 
Nato in Brasile, Junior vive e lavora a Napoli come muratore (anche se non ha un contratto regolare di lavoro), pratica attività agonistica, viene ritenuto uno dei massimi esperti per la sua età di arti marziali. Non è una testa calda, ma un tipo tranquillo, accudito dalla famiglia e pienamente inserito nel contesto sociale cittadino. Un anno fa, siamo ad agosto del 2018, diventa vittima della classica violenza da branco. Cinque contro uno, circondato e pestato. Da allora si sa poco degli sviluppi delle indagini, nonostante abbia coraggiosamente denunciato i propri aggressori. Non ha avuto paura, non si è sottratto alla richiesta di collaborazione che - in modo liturgico - viene avanzata dalle forze dell'ordine nei confronti di chi subisce un episodio di violenza o di chi assiste a qualcosa di ingiusto. Spiega oggi il 22enne di origini brasiliane: «Ricordo che le telecamere del pub all'esterno del quale fui aggredito riuscirono a catturare le immagini utili. Vennero identificati dei ragazzi, erano poco più giovani di me, tanto che sono stato più di una volta chiamato negli uffici di polizia a confermare la mia denuncia. Sono stato sottoposto anche al riconoscimento individuale e non mi sono sottratto: ho indicato gli aggressori, sono stato determinato fino in fondo. L'ultima volta è stata qualche mese fa, credo lo scorso febbraio, tanto che oggi mi chiedo se c'è ancora attenzione sul mio caso e se potrò mai vedere istruito un processo a carico dei miei aggressori. Mi sono rivolto alla giustizia italiana, aspetto una risposta in sede giudiziaria in grado di valorizzare il coraggio della mia denuncia». Ma cosa accadde un anno fa? Siamo all'esterno del Macdonald di Fuorigrotta (locale ovviamente estraneo ai fatti, i cui gestori hanno contribuito alle indagini fornendo le immagini di videosorveglianza, ndr), tarda notte. Junior esce dal locale, quando incrocia lo sguardo di una ragazza. Tanto basta ad ingelosire uno del branco, che chiama a raccolta gli amici e aggredisce il potenziale rivale in amore. Ha spiegato Junior: «Non feci in tempo a spiegare che non avevo alcun interesse nei confronti di quella ragazza, che mi colpirono al collo...».

Esperto di lotta tailandese e di una particolare disciplina di combattimento (la «mma», conosciuta come «arti miste»), Junior riuscì a schivare i colpi più gravi, a proteggere le parti intime e a guadagnare una via di fuga dopo la prima scarica di colpi. Rimediò due fratture agli zigomi, una frattura scomposta al naso e altri acciacchi in altre parti del corpo.

Oggi, a distanza di più di un anno da quella notte, ha appreso dai giornali che l'emergenza violenza giovanile non è finita, come raccontano le cronache sull'area collinare. E al Mattino spiega: «Spero che le denunce non restino lettera morta, nel mio caso come in quello delle madri che oggi scendono in piazza». Poi c'è un'altra nota dolente nella vita del 22enne e riguarda il suo status in sede civile: come cittadino brasiliano, Junior non ha un permesso di soggiorno (vive in Italia come parte offesa in un processo penale), al momento lavora in nero e vorrebbe che il suo caso venga preso ad esempio. Se ha avuto la forza di rispettare le leggi, se non si è sottratto ai doveri di cittadinanza, vorrebbe essere riconosciuto come cittadino italiano: con un lavoro a contratto e il diritto ad essere considerato - per legge - un cittadino a tutti gli effetti.
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