«Derubata in ospedale a Napoli prima di morire, sciacalli contro mia madre Marcella Marmo»

«Derubata in ospedale a Napoli prima di morire, sciacalli contro mia madre Marcella Marmo»
di Titti Marrone
Domenica 9 Gennaio 2022, 09:44 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 09:00
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«Mamma era entrata in ospedale con un trolley, l'abbiamo portata via morta due giorni dopo e ci sono state consegnate solo due buste di plastica contenenti qualche vestito e qualche effetto personale». Il racconto di una profanazione miserabile, ma purtroppo tutt'altro che rara, viene dalla voce spezzata dal dolore del dottor Carlo Sacerdoti, uno dei due figli della storica Marcella Marmo scomparsa il giorno dell'Epifania per gli effetti di una leucemia. Una cattiveria compiuta da mani sconosciute, un piccolo atto di sciacallaggio tanto più ignobile per il fatto di essere commesso approfittando dell'impossibilità di difendersene di una persona prima malata, poi sopraffatta dal male.

Che c'era nella valigia che sua madre aveva con sé?
«Lei aveva pensato ad un ricovero lungo, così aveva preparato un bagaglio abbastanza grande con indumenti, occhiali, il cellulare di mio padre scomparso dal quale non si separava mai. Ma soprattutto, c'era il suo iPad, dove scriveva tutte le sue cose, le private e quelle legate al suo lavoro di storica. Lì erano custoditi appunti, pensieri, notazioni sulla nostra famiglia e anche tante fotografie che si divertiva a scattare a tutti noi e a mia figlia. Aveva imparato a fare le foto con l'iPad, le piaceva moltissimo. Io l'avevo sconsigliato di portarlo, ma lei non mi aveva ascoltato: quella sua nuova dimestichezza con la tecnologia e con Facebook, sperimentata di recente, la entusiasmava. Mi faceva tenerezza che, a 75 anni, avesse trovato una nuova finestra sul mondo. Mi sono sentito dall'altra parte, non più medico ma familiare che subisce un sopruso in un momento terribile della vita. Vorrei vedere le ultime foto di mia madre, leggere le sue parole: un pezzo del mio lutto mi è stato tolto».
In giorni di congestione degli ospedali per il Covid, e di enorme impegno di medici ed infermieri, è anche più facile approfittare della situazione.

Da medico ritiene che sia una questione risolvibile?
«Basterebbe una ricevuta al momento del ricovero del paziente, un feedback, un sistema di controllo rafforzato.

Non sarebbe difficile in un ospedale importante come il Cardarelli, dov'è stata ricoverata mia madre e dove ci sono eccellenze mediche ed infermieristiche di primo piano, né negli altri ospedali napoletani dove pure queste cose avvengono. Certo, le condizioni di lavoro sono difficili normalmente, come ho potuto constatare nei sei mesi che ho trascorso lì al Pronto Soccorso, e figuriamoci adesso. Ma è triste constatare che una città meravigliosa come la nostra, dove anche in campo medico si fanno cose eccelse, non sia supportata da livelli di organizzazione minimi. Se vai in Germania e ti ricoveri, è normale che all'uscita ti diano indietro la tua roba: perché a Napoli dobbiamo essere diversi? Amo la mia città, sono felice di vivere qui, non voglio esprimermi sul reportage de Le Figaro che la paragonava al Terzo mondo, ma dove altro capitano episodi così, che contraddicono in modo clamoroso la sua ricchezza storica e culturale?».

Ha pensato a una denuncia?
«Certo, ho subito sporto denuncia e il poliziotto che l'ha raccolta ha detto che ho fatto bene, ma che queste cose avvengono spesso. Dunque, so che non è servito a niente. Del resto, gli ospedali di Napoli sono in mano alla camorra che gestisce i posti auto con i parcheggiatori abusivi, i pasti con gli appalti sulla distribuzione del cibo. Degrado e illegalità dilagano, confliggendo con la dedizione e l'impegno dei medici impegnati a combattere la malattia e la morte».

La famiglia di sua madre annovera studiosi come suo zio Vittorio Marmo, il filologo scomparso nel 2016, la famiglia Sacerdoti è imparentata con Carlo Levi e con i Ginzburg. Tutti hanno sempre dato un gran valore alla memoria, anche per la tradizione dell'ebraismo laico di cui suo padre, il medico-pittore Guido Sacerdoti, era permeato. Per lei quest'esperienza è anche una violazione della memoria?
«Sì. Mia madre, da storica, ci ha trasmesso il suo valore, mettendoci in guardia dai rischi di una società dalla memoria breve. Così, mi fa tristezza pensare a quest'epilogo della sua vita nel segno di una inutile cattiveria. Con lei avevamo realizzato mostre sull'opera di Carlo Levi e sui dipinti di mio padre, un sito Internet, ed ora noi figli vorremmo fare qualcosa per ricordare il suo lavoro di storica. Ma mi mancheranno dei tasselli importanti».

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