Riello: «L'egemonia culturale è in mano ai delinquenti»

Riello: «L'egemonia culturale è in mano ai delinquenti»
di Leandro Del Gaudio
Domenica 28 Gennaio 2018, 11:44
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Parla di una «frattura culturale» evidente in seno alla cittadinanza napoletana. Una spaccatura tra «galantuomini» e «delinquenti», a partire da un punto dolente: «L'egemonia culturale a Napoli è saldamente nelle mani dei delinquenti, anche se la maggior parte dei napoletani è rappresentata da galantuomini».

È uno dei punti della relazione del pg Luigi Riello, nel corso della cerimonia introduttiva all'anno giudiziario napoletano, in gran parte dedicata proprio al fenomeno della devianza minorile, alla recrudescenza delle baby gang (almeno per quanto riguarda la gravità di alcuni episodi registrati di recente). Ma il giudizio della più alta carica requirente del distretto non è condiviso dal primo cittadino.

Egemonia culturale nelle mani dei delinquenti? «Non sono d'accordo - spiega De Magistris a margine della cerimonia - Si tratta di una affermazione «profondamente ingenerosa nei confronti della stragrande maggioranza dei napoletani che ha scelto di riscattare questa comunità, dei napoletani che sono diventati protagonisti del loro destino e che sono le vittime di pochi delinquenti. Oggi l'egemonia culturale a Napoli è fatta delle tante associazioni, dai comitati, dai movimenti sociali. Non vedo una Napoli al capolinea che si deve riscattare, ma una Napoli che si sta già riscattando».
 
Condivide invece l'appello di tutti (Riello compreso), ad una maggiore collaborazione reciproca, all'insegna dell'autocritica. Una riflessione che spinge il sindaco napoletano a rilanciare. E a replicare proprio sul terreno del funzionamento della giustizia. Se infatti la più alta carica requirente del distretto punta l'indice contro i cittadini onesti, colpevoli di non dare vita a una mobilitazione collettiva contro l'illegalità, De Magistris ricorda il problema della mancata esecuzione delle decine di migliaia di sentenze definitive, un gap che certo non incoraggia un cittadino a farsi avanti e denunciare. Ecco il ragionamento offerto dalla fascia tricolore, nel respingere il concetto di una società civile incapace di reagire: «Ci sono tantissimi comitati, cortei, manifestazioni. Semmai, e questo lo condivido, c'è il tema che chi vede deve denunciare e parlare, ma non si può dire che Napoli sia una città omertosa. Bisogna anche comprendere chi ha paura e che non vede un controllo del territorio così ferreo come dovrebbe essere, o le sentenze passate in giudicato e non eseguite. Nelle ultime vicende c'è stata invece una grande collaborazione. Semmai, se non c'è un elevato numero di denunce, lo Stato dovrebbe interrogarsi su questo», ha concluso de Magistris. Una questione, quella delle sentenze non applicate, che rappresenta uno dei primi punti nell'agenda del presidente di Corte d'Appello Giuseppe De Carolis, sin dal primo giorno del suo insediamento. Ed è stato proprio De Carolis, appena tre giorni fa, a ricordare di aver istituito una task force che in pochi mesi - lavorando anche il sabato - ha consentito di notificare circa tremila sentenze in pochi mesi, in uno scenario che vede, almeno per il momento, circa diecimila sentenze rimaste inevase. Ma torniamo alla celebrazione dell'anno giudiziario. Prima udienza (almeno simbolicamente) celebrata nella sala dei baroni del Maschio angioino (causa lavori in corso a Castelcapuano), sono gli episodi di violenza metropolitana ad essere centrali nell'intervento delle più alte cariche giudiziarie. Spiega il presidente De Carolis, a proposito delle baby gang: «Si tratta di un'evoluzione culturale del bullismo, che oggi alimenta una maggiore sensazione di insicurezza per la particolare gravità di alcuni episodi, per altro avvenuti non in zone degradate e periferiche dell'area metropolitana, ma in zone del centro cittadino». Pertanto - ha aggiunto De Carolis - «nonostante la obiettiva e significativa riduzione dei delitti più gravi e in particolare di quelli predatori, restano alti l'allarme sociale e la percezione di insicurezza dei cittadini».

Ma torniamo all'analisi del procuratore generale Riello, che parte proprio dal boom di reati gravi consumati lo scorso anno dai minori (racket, droga e camorra), anche se in uno scenario di complessiva diminuzione dei reati degli under 18: «Vengono da famiglie degradate, non frequentano la scuola, hanno per modelli calciatori, veline e camorristi». Occorre - a giudizio del pg - un «esercito di insegnanti, una scuola che funzioni e che premi i migliori, sostenendo in modo determinante quelli appartenenti da famiglie meno abbienti». Dunque, «fermezza» ma anche «recupero» - al di là di una posizione carcerocentrica -, per cancellare l'impunità dilagante. E il pg aggiunge: «Va modificata la normativa in materia di inosservanza dell'obbligo scolastico (limitata alla sola scuola elementare), punita con una irrisoria pena pecuniaria; va esteso il potere di arresto del minore da parte della polizia giudiziaria, oggi limitata ai delitti per i quali è prevista la reclusione non inferiore a nove anni; ma anche le ipotesi di accompagnamento dei minori colti in flagranza di reato, allo scopo di evitare che la polizia giudiziaria sia sovente costretta a riaffidare il giovane alla famiglia, pur di fronte a condotte gravi (come la resistenza al pubblico ufficiale, droga, armi). Insomma, deve finire il «tanto non ci potete fare niente», ripetuto ogni giorno all'angolo della strada all'agente o al carabiniere, mentre occorre potenziare le reti di supporto della giustizia minorile, di fronte ai casi - ovviamente estremi - di «sottrazione dei minori alle famiglie». Un tema molto sentito anche dall'inviato del Ministero, il magistrato Gemma Tuccillo, a capo del dipartimento della giustizia minorile, che ha ricordato gli sforzi e l'attenzione di via Arenula sul distretto napoletano. Stessa sensibilità da parte della rappresentante del Csm Maria Rosaria San Giorgio, che si rivolge - in particolare - ai ragazzi, ai giovani studenti presenti nella sala dei baroni. Chi sono? Sono alunni del Cuoco e di altri istituti napoletani, sono in gran parte amici e coetanei di Arturo, il ragazzino colpito da oltre venti coltellate in via Foria da parte di un branco di baby aggressori. Determinati, un po' spaesati dalla liturgia della cerimonia, di fronte a numeri e statistiche, analisi e critiche del pianeta giudiziario napoletano.
 
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