Napoli, ex anagrafe via Rosaroll, sos del figlio dell'ex custode: «Questo palazzo cade a pezzi»

Napoli, ex anagrafe via Rosaroll, sos del figlio dell'ex custode: «Questo palazzo cade a pezzi»
di Giuliana Covella
Sabato 20 Febbraio 2021, 08:58
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«Non lasciatemi morire qui. Il Comune mi aiuti, sono gravemente malato, indigente e costretto a vivere in mezzo a topi e immondizia». Quando apre il portone fatiscente del palazzo di via Rosaroll 130, Sergio Siciliano, 55 anni, appare impaurito. «Ho dovuto far cambiare la serratura - spiega - perché più volte malintenzionati hanno tentato di entrare per portar via quel che è rimasto». Dietro quel portone, appena entrati, c’è una bomba ecologica. Questo è diventata l’ex sede dell’anagrafe del Comune, chiusa al pubblico dal 2015 per inagibilità. E qui da 31 anni abita Sergio, figlio dell’ex custode morto qualche anno fa insieme alla moglie dopo essersi ammalato di cancro per la presenza di amianto nell’edificio. Oggi l’uomo, che vive con un cane nella casa-tugurio dove c’era prima la sua famiglia ha un unico desiderio: riuscire a curarsi, lavarsi («non ho nemmeno l’acqua calda», dice) e nutrirsi come ogni essere umano.

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«Abito qui dal 1990, all’inizio eravamo io, i miei genitori e i miei due fratelli.

Papà e mamma si ammalarono alcuni anni fa e sono morti entrambi di cancro nel 2011, perché nell’edificio c’erano quintali di amianto. Ho il timore che mi toccherà la stessa sorte, se nessuno mi porterà via da qui». Sergio Siciliano è il figlio dell’ex custode dell’archivio comunale di via Rosaroll, dove fino al 2015 erano aperti al pubblico gli uffici per le carte d'identità, giudici popolari e anagrafe pensioni. Poi per l’inagibilità di alcuni locali il personale e i faldoni custoditi all’interno furono trasferiti presso la sede centrale al Parco Quadrifoglio in via dell’Epomeo, come si legge in una comunicazione ufficiale sul sito del Comune. «Il terrazzo era pericolante per infiltrazioni - spiega Sergio - e l’immobile fu chiuso al pubblico, ma il direttore della struttura non mi ha mai detto nulla. Poi il Comune mi fece causa per occupazione abusiva, ma la casa dove viveva mio padre ci era stata assegnata dopo che lui, autista della nettezza urbana, in seguito a un infarto fu trasferito qui dove c’era l’anagrafe. Quindi in quanto figlio del custode quell’alloggio per legge mi spettava, come ho avuto modo di dimostrare».

 

Ma Sergio è gravemente malato («ho un tumore al rene sinistro, l’epatite C e una gamba incancrenita») e ha perso il lavoro di magazziniere e altri con cui si arrangiava per sbarcare il lunario. Tuttavia continua a vivere in quel palazzone di tre piani, dove ci sono mobili, materassi, computer e suppellettili abbandonati ovunque. Dove i topi scorrazzano tra un piano e l’altro, fino ad arrivare in cortile, dove c’è l’abitazione di Sergio, che oggi vive con un cane. E dove ogni angolo, seppure inaccessibile, ha un’aria spettrale, come la scalinata che conduceva agli uffici e gli ascensori ormai guasti.

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Un patrimonio di proprietà del Comune che cade a pezzi, dove fino a pochi anni fa c’era custodita la storia della città. L’immobile al civico 130 di via Rosaroll fu dichiarato pericolante nel 2015 e da allora il personale e i documenti che vi erano conservati sono stati trasferiti a Soccavo. Eppure non tutti sanno forse, che in quegli archivi dove oggi ci solo rifiuti e ratti, c’erano tutti i documenti prodotti a Napoli dal XIV al XIX secolo. Testimonianze preziose che per fortuna sono stati messe al sicuro. Lo stesso destino non è toccato invece a chi ancora ci vive, a rischio della sua incolumità, mentre il Comune sta a guardare. «Siamo in una delle strade principali di collegamento tra via Foria e piazza Garibaldi - dice Armando Simeone, portavoce del comitato Lenzuola bianche - questo edificio di circa 15mila metri quadri è il simbolo del degrado e dell’incuria in cui l’amministrazione comunale lascia il suo patrimonio. A settembre scorso la caduta di calcinacci dal tetto costrinse a transennare l’area del marciapiede antistante l’ingresso, ma nulla è stato fatto finora. Anni fa presentai alla Regione un progetto per farne una scuola materna ed elementare, ma le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno fatto orecchie da mercante. Intanto il Comune continua a pagare fitti passivi e lascia cadere a pezzi il patrimonio immobiliare di sua proprietà».

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