È un attore Antonio Ciccone abituato da sempre a recitare immerso tra realtà e fantasia, ma stavolta la sua storia va ben oltre la finzione scenica. È un “dramma” che nessuno vorrebbe vivere e che lo coinvolge insieme ai suoi familiari. Sette persone in tutto, chiuse in casa da quindici giorni in attesa di assistenza e risposte. Il calvario inizia a fine settembre quando, dopo un provino, ad Antonio iniziano i primi dolori muscolari. Un primo segnale, insieme alla febbre alta, di positività al Covid-19 che però, viene accertato solo il 4 ottobre a seguito del tampone. Esame a cui è stato necessario sottoporsi di persona e dopo il quale, come testimoniano anche i familiari, nessuno si è più fatto vivo.
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«Stiamo vivendo in queste condizioni di isolamento e abbandono da quasi quindici giorni – afferma Antonio – e non ce la facciamo più. Siamo sette persone in casa tra cui il mio secondo figlio, trapiantato di fegato, chiuso in camera e mio cognato disabile. Un vero incubo che nessuno riesce a far terminare.
L'allarme, di quanto accaduto a questa famiglia di Fuorigrotta, è stato lanciato proprio dalla ragazza 19enne e dal fidanzato. Una coppia che, dopo la positività di Antonio, ha deciso di recarsi al Frullone per verificare il proprio stato. Altri due tamponi quindi, ma con esito negativo. Una buona notizia che però non è stata sufficiente. Anche per loro il calvario continua in attesa della risposta definitiva di guarigione. Esito che a quanto pare non si sa ancora quando arriverà.
«Non sappiamo nulla – conclude Antonio – e sono in pena soprattutto per mio figlio. Credo che nelle sue condizioni la priorità debba essere immediata. Non è possibile lasciarlo segregato in camera sua, da dove esce solo per andare in bagno. E' una prigionia a cui non sappiamo più come sottrarci. Adesso è arrivato il momento di capire come e quando, l'Asl vorrà assisterci come si deve. Non è giusto costringerci in questo limbo di dubbi ed abbandono. Vogliamo risposte e le vogliamo in tempi rapidi».