«Una porta di un teatro che si apre è speranza» urla un giovane attore in piazza Eduardo De Filippo. Si torna a teatro, a capienza completa, e scatta la festa. Ieri sera si è consumata una “Ouverture” negli spazi esterni del teatro San Ferdinando: tra musica, bande, video mapping e performance. “La festa per il ritorno al teatro” recita il sottotitolo dell’iniziativa che i responsabili dello stabile napoletano avevano pensato per l’inizio della nuova stagione che parte proprio stasera con lo spettacolo di Davide Iodice “Hospes-Itis”, fino al 17 nella sala creata da Eduardo. «Senza sapere che sarebbe stata proprio il giorno dopo del ritorno al 100% dei posti. Una combinazione» dice Mimmo Basso, direttore amministrativo dello stabile.
Tra gli artisti presenti gli attori Renato Carpentieri, Marina Confalone, Marisa Laurito e la regista Emma Dante che quest’anno è in scena al Mercadante con “Pupo di zucchero”, a maggio: «Sono felice di questa conquista, non c’era logica. Invece adesso riparte una ritrovata normalità, in una situazione che è ancora di emergenza ma in cui trovare posto in sala non sarà rischioso». Sono stati mesi terribili, racconta, «di una tristezza infinita. Meglio la chiusura che i teatri mortificati dalla non presenza: il pubblico è comunità, esperienza e arte». La serata è partita prima delle 21: da via Foria, sede dello spazio “ZTL/Zurzolo Teatro Live”, la scuola di musica diretta da Marco Zurzolo destinata ad adolescenti e ragazzi, il musicista e la sua banda, suonando e animando una colorata processione, hanno raggiunto piazza Eduardo De Filippo e il teatro accolti dal pubblico, dagli artisti e dagli operatori presenti per la festa, tra applausi ed entusiasmo. «Innanzitutto è una vittoria, felici di tornare all’arte. Finalmente si riesce a stare insieme in questa città. Negli ultimi anni ci sono stati problemi, anche per via di un’amministrazione disastrosa. Troppe paninoteche e pochi spazi per la cultura» ha detto Zurzolo. «Adesso finalmente torniamo a parlare di arte. Napoli ha bisogno di questo, di una cultura che ripaghi i suoi cittadini. Spero che la nuova amministrazione spinga il lato artistico».
Da lontano il colpo d’occhio: i lampioni della piazzetta si sono spenti e la facciata del San Ferdinando si è animata di luci e di immagini grazie al video mapping a cura di Alessandro Papa e Mariano Soria: un succedersi di volti e voci dei “padroni di casa”, ovvero di Eduardo e Luca De Filippo, mentre è stato proiettato anche un estratto del documentario, dagli archivi della Rai e da quello privato di Sergio Marra, dell’apertura della prima stagione del San Ferdinando, il 22 gennaio 1954. In un gesto simbolico che guarda al futuro del teatro, sono stati i giovani attori della “Scuola del teatro di Napoli”, appena diplomati, ad aprire le porte della sala. La scuola è diretta da Carpentieri: «Abbiamo sofferto. E il teatro senza pubblico non esiste, quanto più è grande lo spettacolo cresce. È una comunità che dialoga con noi in scena. Giusto che aprano, stasera, gli allievi del Mercadante. Ma c’è poco lavoro; la scuola serve, tuttavia se questi ragazzi non trovano sbocchi resta solo un’esperienza». Nell’ingresso al foyer del teatro è stata allestita l’opera scultorea di Michelangelo Fornaro “Impermanenza”, legata allo spettacolo di Iodice. Basso riflette sulla tempistica: «Certo, sembra una combinazione fortunata ma ha anche i suoi aspetti critici. Per esempio i posti: chi aveva prenotato si era dovuto spesso accontentare di poltrone magari peggiori, non essendo tutte a disposizione. Ora, per premiare la fiducia, il primo impegno sarà migliorare questi posti. Ma non è semplice, chi riapre tra un mese in questo senso è favorito».
Colpa del ritardo del decreto sulle riaperture: «Questo auspicato allargamento della capienza è arrivato troppo a ridosso dell’inizio della stagione. O meglio, la decisione del Comitato tecnico scientifico è vecchia ma il decreto è arrivato troppo tardi, arriva con un tempo di applicazione troppo breve. Un altro timore è che la gente abbia ancora paura». Comunque è contento: «Meglio gestire una capienza totale che il contingentamento, non c’è dubbio. Arrivano telefonate e prenotazioni, c’è entusiasmo». Resta intatto, dice, il senso della serata: «La nostra piccola grande festa vuole essere un segnale di buon augurio. Restiamo moderati ma sembra che finalmente siamo fuori dall’incubo».