Napoli, il cuore di suor Cecilia: «Così salvo i figli dei boss. Toglieteli ai genitori»

Napoli, il cuore di suor Cecilia: «Così salvo i figli dei boss. Toglieteli ai genitori»
di Giuliana Covella
Mercoledì 4 Marzo 2020, 08:47
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«Loro sono i miei figli. Non potrei mai abbandonarli. I primi ragazzini che furono miei alunni sono i nonni di quelli che oggi frequentano la nostra scuola. Ma se viene meno la famiglia, com'è accaduto nel caso del 15enne morto, meglio togliere la potestà genitoriale». L'alternativa all'ennesima morte di un minorenne, avvenuta nella notte tra sabato e domenica scorsa, ha un nome e un cognome a Forcella: suor Cecilia Messina. Di origini siciliane, la religiosa fu chiamata nel 1971 dall'allora cardinale Corrado Ursi a dirigere la scuola che ha sede in via Annunziata. «Avevo 33 anni - racconta - ed ero appena arrivata dalla Sicilia e insegnavo nella zona di piazza Ottocalli. Stavano per iniziare i lavori per la tangenziale, quando il cardinale mi disse tu devi andare a Forcella, quei bambini hanno bisogno di te. Da allora non me ne sono mai andata. Perché? La ricetta per salvare questi ragazzini è semplice. Basta dare loro amore e i giusti insegnamenti». E la famiglia? Non ha dubbi suor Cecilia: «Se viene meno il ruolo della madre e del padre allora c'è un'unica soluzione: allontanarli dalla famiglia d'origine».

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LA SCUOLA
L'Istituto Figlie di Sant'Anna - Centro diurno polifunzionale Cardinale Corrado Ursi ha sede ai civici 30 e 43-48 di via Annunziata, al confine tra i quartieri San Lorenzo e Pendino, come rimarcano i lati opposti della strada su cui si affaccia la scuola. Qui si fa quotidianamente un'opera di recupero di minori a rischio sia italiani che stranieri. Minori di cui molti vengono sottratti alla criminalità organizzata. Da ben 48 anni in quell'istituto di proprietà comunale suor Cecilia, insieme a docenti e collaboratori scolastici salva i ragazzini dalla strada. Oltre 150 minori, dai 3 ai 17 anni, tra figli di boss e affiliati, di genitori separati, di rom e di ragazze madri frequentano il centro educativo, tutti i giorni, dalle 7.30 alle 17.30. Da suor Cecilia sono passate tre generazioni di allievi. Ragazzi che per un soffio non sono diventati boss della camorra, ma anche ragazzi che hanno avuto una vita breve perché stroncata dalla droga. O ragazzi che erano padri di famiglia e onesti lavoratori, ma sono finiti loro malgrado sotto i colpi dei killer per sbaglio. Come Maikol Russo, ucciso in piazza Calenda la sera del 31 dicembre 2015: «Aveva solo 27 anni - ricorda suor Cecilia mentre mostra la foto del suo ex alunno - lavorava come ambulante per mantenere la famiglia. Purtroppo è morto da innocente la sera prima di Capodanno. Ma è sempre nel mio cuore, come altri giovani che hanno studiato qui e sono morti per una mano criminale o a causa di scelte sbagliate come la droga».

IL PRESIDIO
Eppure la realtà all'interno della scuola Cardinale Ursi è ben diversa da quella di altri quartieri o dal contesto in cui viveva il 15enne ucciso sabato scorso. Al secondo piano dell'edificio di via Annunziata, dove quando è arrivata suor Cecilia quasi cinquant'anni fa c'era un appartamento vuoto dopo la morte di un'anziana residente, i bambini imparano il rispetto delle regole, il «buon comportamento» e «l'educazione ai sentimenti», come si affretta a spiegare Luigi, un vispo bambino di quinta: «Educazione ai sentimenti significa saper gestire le nostre emozioni - dice il piccolo seduto dietro al banchetto - ma anche saper stare insieme agli altri, rispettando il pensiero di tutti». Parole che bastano a sfatare i soliti luoghi comuni su questo come su altri quartieri popolari. «Da decenni accogliamo ragazzini che stavano per delinquere - sottolinea suor Cecilia, mentre ci accompagna in un breve tour tra le classi insieme ad Antonio Raio, presidente dell'Associazione Commercianti Forcella - ma siamo riusciti a salvarne tanti con le regole che insegniamo. Prima di tutto il rispetto verso il prossimo e la non violenza. I nostri bambini, seppure piccoli, si alzano in piedi e salutano educatamente chi entra in classe. A casa non sono abituati a questo. Ma accade che poi siano loro stessi a trasmettere questi valori sani in famiglia».

L'ALTERNATIVA
Ma qual è l'alternativa per sottrarre i ragazzi alla malavita? «Innestare il seme della legalità, come i buoni comportamenti, su cui abbiamo un progetto specifico». E sulla responsabilità di quanto successo al 15enne morto a Santa Lucia: «È della famiglia. Io toglierei la potestà ai genitori che non hanno seguito un figlio ucciso dopo aver tentato di fare una rapina nel cuore della notte». Intanto le difficoltà sono tante per la scuola e a scendere in campo per suor Cecilia e i suoi bambini è Rossella Paliotto, presidente Fondazione Banco Napoli: «L'incontro con suor Cecilia è stato come un raggio di sole in un contesto davvero compromesso. La struttura in cui quotidianamente lei si fa carico dei progetti di vita di tanti bambini delicati, richiede interventi urgenti per infiltrazioni d'acqua che hanno compromesso l'uso di un'aula e di alcuni servizi igienici. Intervenire a loro supporto è un dovere, perché Forcella cresce se tutti diamo un contributo».
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