Napoli, firmata intesa tra Marina Militare e Centro Giustizia Minorile per il recupero dei minori con precedenti penali

Napoli, firmata intesa tra Marina Militare e Centro Giustizia Minorile per il recupero dei minori con precedenti penali
di Emiliano Caliendo
Lunedì 13 Giugno 2022, 20:08 - Ultimo agg. 22:09
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«Siamo convinti che i valori del mare, la cultura marittima, le tradizioni nautiche siano veramente un modo per tenere i ragazzi il più lontano possibile dalla strada e dargli un senso di onore ed etica. Con questo tipo di educazione i ragazzi certamente usciranno fuori da quella devianza in cui erano caduti loro malgrado». Sono le parole di speranza dell’Ammiraglio Ispettore Capo Giuseppe Abbamonte, Comandante Logistico della Marina Militare, pronunciate in occasione della firma del primo accordo tra Marina Militare e il Centro di Giustizia Minorile della Campania che definisce l’avvio di percorsi formativi che possano favorire la riabilitazione e l’integrazione dei minori entrati nel circuito penale o a rischio devianza. A sottoscrivere l’intesa in rappresentanza della struttura del Ministero della Giustizia Giuseppe Centomani, dirigente del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità per la Regione Campania. La cerimonia per la firma si è tenuta in una delle splendide sale di rappresentanza del Palazzo dell'Ammiragliato di Napoli. L’intesa è stata raggiunta dopo pochi mesi dalla firma del protocollo stipulato lo scorso 31 marzo a Roma tra la Marina Militare e il Dipartimento Giustizia Minorile e Comunità del Ministero della Giustizia, siglato dal  capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino, e il Capo del Dipartimento Giustizia Minorile e Comunità, Dottoressa Gemma Tuccillo.

Un progetto a cui la Marina Militare tiene molto, ha sottolineato l’Ammiraglio Abbamonte: «Una firma molto importante per noi della Marina Militare, per l’attività sociale che svolgiamo e direi per la città. Lo scopo di questo accordo consiste nel consentire una sinergia tra la Marina e il Ministero della Giustizia per il recupero dei ragazzi finiti nelle maglie del sistema penale, la loro messa alla prova e la possibilità apprendere un’arte, nello specifico quella del restauro del legno e delle barche d’epoca. In maniera d’avvicinarsi alla cultura marittima, alla vela e ai valori del mare. In modo tale da inserirsi in un ambiente più sano, più onesto e uscire da quei fenomeni di violenza minorile in cui purtroppo erano terminati». L’impegno della Marina in attività di recupero sociale parte da lontano a partire dalle ultime direttive del Capo di Stato Maggiore Enrico Credendino, spiega Abbamonte. «Questa - conclude - è una piccola goccia nel mare che ci fa piacere lanciare e speriamo che la città la raccolga e che dia i suoi frutti in tempi brevi». 

I minorenni impiegati nei progetti di formazione nel campo delle varie professionalità legate al mondo del mare, altamente spendibili nel mercato del lavoro, saranno una dozzina. Il primo accordo attuativo interesserà la sede del Quartier Generale Marina di Napoli di Via Acton, nel cui ambito sarà svolta, già a partire dai prossimi mesi, un’attività educativa che vedrà i giovani impegnati nell’apprendimento dell’arte del restauro d'imbarcazioni d’epoca e di altri manufatti in legno. L’obiettivo, e quindi l’importanza, di questo progetto è stata spiegata nel dettaglio dal responsabile per la Regione Campania del Dipartimento di Giustizia Minorile Centomani: «Napoli è stata quindi la promotrice di questa idea di Protocollo nazionale: adesso firmiamo un protocollo locale che dice concretamente come tradurre a livello locale quello nazionale.

Avremo un’attività di formazione dei ragazzi ma anche di orientamento professionale oltre che di tutoraggio educativo. La cosa fondamentale non è semplicemente insegnare ai ragazzi materialmente a fare qualcosa. La cosa importante è che questi maturino, con il tutoraggio e l’affiancamento educativo, una diversa idea di sé come cittadini attivi e come lavoratori. Questo l’obiettivo e la vera rivoluzione che vorremmo innescare nella loro vita. Se gli insegnassimo materialmente a fare qualcosa ma l’idea di come camperanno resterà la stessa, perderemmo tempo e denaro». Allora, quale miglior contesto se non quello dell’equipaggio navale? «Il lavoro sui mestieri del mare – insiste Centomani - sta dando ottimi risultati in diversi distretti, come in Puglia e in Sicilia. Si tratta di un lavoro che appassiona i ragazzi e che gli consente di fare esperienza di equipaggio. Un contesto educativo particolare perché l’equipaggio è una squadra, un qualcosa dove ognuno deve avere la responsabilità di tutti e tutti hanno la responsabilità di ognuno. I ragazzi, in questo modo, imparano che c’è una conseguenza nel mettere in pratica o meno la loro capacità operativa, il loro livello di responsabilità». Un modello che riprende quello della nave asilo Caracciolo che grazie al metodo educativo della sua fondatrice Giulia Civita Franceschi fece proseliti in tutto il mondo ai primordi del XX secolo. «Da questo punto di vista – aggiunge Centomani - non abbiamo inventato nulla: la Marina Militare con il Ministero della Giustizia sono secoli che collaborano a partire dai “caracciolini”. A inizio ‘900 la Marina Militare metteva a disposizione delle ex navi da guerra per la realizzazione di asili sulle navi in cui i ragazzi di strada venivano raccolti e orientati all’attività di marinai. Il nostro progetto è moderno ma ha un’origine nel passato». Ma con quale criterio saranno selezionati questi giovani «difficili»? «Si tratta di giovani dell’area penale, non necessariamente ristretti in carcere. Abbiamo un rapporto numerico tra i ragazzi effettivamente ristretti in carcere e quelli che riusciamo a seguire sul territorio di 70 a 2500. Per cui potremo accogliere nei nostri percorsi formativi i ragazzi che si trovano in carcere presso Nisida o Airola. Ma in realtà ci rivolgiamo prevalentemente a ragazzi che hanno misure cautelari alternative o delle messe alla prova non detentive», spiega il dirigente ministeriale. «La cosa interessante – conclude - è che i nostri gruppi di ragazzi potranno essere “misti”: non solo dell’area penale ma anche giovani provenienti da sacche di disagio. Il Comune, insieme con l’assessore Marciani, può mandarci dei ragazzi in difficoltà e noi li integreremo nei nostri gruppi di lavoro. I gruppi non saranno mai di un numero superiore a 5-6 ragazzi perché così sono più governabili. Faremo diversi moduli con questa quantità in modo che i nostri tutor possano agganciarli sul piano educativo e fare con loro un percorso capace di cambiare profondamente la loro prospettiva di vita nella comunità di cui fanno parte». 

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La possibilità di una collaborazione con il Comune ha visto il plauso dell’assessore alle Politiche Giovanili e al Lavoro Chiara Marciani che, presente alla cerimonia della firma, ha così commentato l’iniziativa: «Siamo molto grati alla Marina Militare e al Centro di Giustizia minorile per aver dato luogo a questo progetto. Ci auguriamo di poterlo seguire in maniera attiva per fare in modo che, non solo i ragazzi che sono già inseriti in un percorso di giustizia penale, ma anche i ragazzi della nostra città possano avere questa opportunità. Ha una storia importante che viene da un’antica nave scuola; quindi, ci auguriamo che possa essere una prospettiva di futuro per tanti giovani della nostra città». Sui numeri che vedono un tasso preoccupante di dispersione scolastica, specialmente nelle periferie, Marciani annuncia la nascita di un progetto di «rete d'istituzioni, non solo pubbliche, che prenda in carico i ragazzi». «Ogni ragazzo – prosegue Marciani - dovrebbe avere una sorta di tutor che lo possa seguire e far sì che possa portare avanti quello che è il suo percorso non solo scolastico ma anche formativo in modo che possa essere inserito nel mondo del lavoro e godere di quelle opportunità che con la dispersione scolastica non riuscirebbe ad avere».

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