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Mitra, faide e cuoricini: ecco la follia notturna degli eredi di Gomorra

Sant’Anastasia, storie segnate dai lutti. La follia: «Lavare il dolore con il sangue»

Sant Anastasia, il luogo della folle stesa con il mitra
Sant’Anastasia, il luogo della folle stesa con il mitra
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 25 Maggio 2023, 23:57 - Ultimo agg. : 27 Maggio, 09:03
4 Minuti di Lettura

C’è addirittura chi ha filmato l’ingresso di Giuseppe all’interno della caserma dei carabinieri, per essere arrestato come responsabile (assieme al complice) del ferimento di una bambina di 10 anni. Un filmato postato sull’immancabile TikTok, con abbondanza di frasi di incoraggiamento, tra un “Vita mia” e un cuore spezzato. Al centro di tutto, il 17enne Giuseppe G., indicato come responsabile dei colpi esplosi all’esterno di un bar gelateria a Sant’Anastasia, assieme al complice diciannovenne Emanuele Civita, che invece brandiva una mitraglietta da guerra. Due storie, quelle di Giuseppe e Emanuele, drammaticamente simili. Parallele. Figli di soggetti in odore di camorra, nati e cresciuti in un periodo segnato da faide, omicidi, arresti, blitz, vendette.

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Questa mattina per loro, la convalida dei fermi. Dovranno rispondere di tentato omicidio e armi, potranno replicare a quanto emerge dalle immagini di una telecamera di sorveglianza, ma anche dal racconto di alcuni testimoni. Le loro vite saranno passate al setaccio, esattamente come è accaduto per Francesco Pio Valda, il presunto assassino di un pizzaiolo (colpito per caso) durante una lite negli chalet di Mergellina. Su di loro, la narrazione sembra a senso unico, quasi come se fossero dei predestinati. Natural born killer, per dirla con un abusato tilolo cinematografico, nati per uccidere. 

Proviamo a mouoverci nel parco Fiordaliso di Somma Vesuviana, una sorta di laboratorio naturale a cielo aperto. Qui a Somma, lo chiamano il parco dei napoletani, per indicare l’arrivo - negli anni del dopo terremoto - dei fuoriusciti dalla periferia orientale.

Come va la vita in questi parchi che cinturano l’hinterland metropolitano? Da qui, il giovedì notte si spostano in tanti verso nord: sono rapinatori specializzati nei colpi del filo di banca, nell’assalto agli orologi di valore, nelle truffe agli anziani. Tornano la domenica notte, in una transumanza criminale che va avanti da decenni. Diversa la posizione dei genitori dei due indagati per la stesa di Santa Anastasia. Proviamo a soffermarci sul caso del 17enne, difeso dal penalista napoletano Antonio Sorbillo. Nel 2014, gli ammazzarono il padre. Un solo colpo alla schiena, mentre era in sella a una moto. Il motivo? Aveva allestito una bancarella di fuochi di artificio nel suo parco, senza pagare la tangente al clan di riferimento. 

Una vigliaccata rimasta scolpita nella mente di un ragazzino rimasto ad orbitare in un territorio controllato dal clan D’Avino. Stessa storia per Emanuele. Il padre ha 45 anni ed è ritenuto affiliato sempre ai D’Avino. Ai pm dovrà rispondere alla domanda principale: dove ha preso la mitraglietta? Quando ha deciso di fare fuoco a raffica? Chi gliel’ha data? Possibile che sia stato così semplice reperire un’arma da guerra per un ragazzino di 19 anni? Difeso dall’avvocato Fabio Marfella, fino a questo momento non ha replicato alle domande, limitandosi a consegnarsi ai carabinieri. 

 

La sua sagoma è al centro di un video, che lo inquadra durante la scorreria armata, quando avrebbe provato ad imporsi contro un altro gruppo di ragazzi originari di Sant’Anastasia. Già, perché nella gomorra del 2023, c’è un passo in avanti rispetto a quanto accadeva all’inizio del secolo. Oggi, gli eredi di quella stagione di sangue non si contendono solo le piazze di spaccio e i canali della ricettazione. No, perché in ballo ci sono quelle che un giudice di Napoli ha chiamato “zone neutre”, quasi sempre legate alla movida. È l’ultima frontiera, una sorta di abisso. 

Video

Un tempo le faide si consumavano all’ombra delle vele di Scampia o tra le grandi arterie di periferia. Si uccidevano per strappare pezzi di aree degradate, che la maggioranza dei cittadini napoletani non avevano mai visto neppure una volta nella propria vita. Oggi è diverso. Le guerre tra paranze sono guerre di posizione. Ma in ballo c’è il Lungomare di Napoli; il nostro centro storico; le aree del relax, votate alla spensieratezza di interi nuclei familiari. Eccoli spuntare in sella alla moto a due passi dalla piazza del Paese, eccoli Giuseppe e Emanuele, che sparano a raffica come per battere su un concetto: venti anni fa siamo stati marchiati dal sangue; oggi vogliamo esserci per contare qualcosa, noi vittime e carnefici del sangue innocente. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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