Napoli, fonti battesimali razziate: «Servono al culto del clan»

Napoli, fonti battesimali razziate: «Servono al culto del clan»
di Valentino Di Giacomo
Domenica 20 Marzo 2022, 23:00 - Ultimo agg. 22 Marzo, 15:32
4 Minuti di Lettura

Una fonte battesimale, una statua antica, due confessionali, ma sarebbe solo una piccola parte del lungo inventario, comprendente una lista (in possesso del Mattino) di 93 arredi sacri, di oggetti mancanti dalla chiesa di San Giovanni e Paolo di piazza Ottocalli. Il sospetto è che altri elementi di arredo della parrocchia dell’Arenaccia possano essere finiti nelle case o nella disponibilità dei capiclan proprio come avvenuto per tre preziose statue del ‘600 ritrovate un anno fa nel palazzo di Ninella Aieta, madre delle tre sorelle che hanno sposato i tre boss - Ettore Bosti, Edoardo Contini e Francesco Mallardo - del più potente clan campano, l’Alleanza di Secondigliano.

Un’ipotesi investigativa che potrebbe ora appurare la Procura di Napoli che, già su una segnalazione del nostro giornale, ha rinvenuto con l’intervento dei carabinieri le tre antiche statue che i clan utilizzavano per mostrare la propria influenza sul territorio durante le processioni religiose tra inchini e soste davanti agli altarini dedicati agli affiliati.

Al Mattino è infatti giunta una lunga lettera nella quale un informatore racconta delle «strane sparizioni» degli arredi sacri, una missiva inviata anche alla Procura della Repubblica e, per conoscenza, al Comando provinciale dei carabinieri, della guardia di finanza e alla Questura di Napoli. 

Alla lettera inviata al nostro giornale sono stati allegati anche due video di due distinte manifestazioni religiose: il primo risalente all’ottobre del 1994, l’altro - a distanza di venti anni - dell’ottobre del 2014. Dai video appare chiaro che la chiesa di San Giovanni e Paolo - più volte in passato finita al centro di varie inchieste, l’ultima quella di appena un mese fa quando la Procura guidata da Giovanni Melillo ha appurato - raccogliendo le testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia - che nella sagrestia si tenevano persino incontri tra i boss e che Ninella Aieta, la suocera dei capiclan dell’Alleanza, aveva le chiavi delle parrocchie della zona. Guardando i video che abbiamo ricevuto appare chiaro che nella chiesetta di piazza Ottocalli mancano diversi oggetti: nel 1994 all’ingresso si notano due confessionali che spariscono nel video del 2014. Stessa sorte per una fonte battesimale, di due quadri e di una statua che non ci sono più. «Sono finite - si chiede l’informatore scrivendo alla Procura - in qualche magazzino della curia? Oppure nei bunker o nelle case di qualche boss della zona?». Nulla può essere escluso dal momento che quando lo scorso anno i carabinieri - dopo una segnalazione del Mattino che aveva ricevuto tale notizia dallo stesso informatore che ci ha scritto in questi giorni - fecero ingresso nell’associazione dedicata alla Madonna dell’Arco guidata da Ninella Aieta in via San Giovanni e Paolo, ritrovarono le tre statue del ‘600 e, su due di queste, erano state apposte delle targhe «a devozione Rita e Patrizio Bosti», «a devozione Anna e Franco Mallardo» entrambe recanti la data 15-10-1995. 

Video

Tra i beni mancanti segnalati ci sarebbe anche un’altra antica statua che non si sa dove sia andata a finire: una statua antica di San Pio X, da non confondere con Padre Pio, che sarebbe anche questa di grande valore storico ed economico. La nostra fonte spiega che nel corso degli anni «mezza chiesa è stata smontata ed è stata venduta». Stessa fine che avrebbero fatto candelabri, candelieri, paramenti, calici, incensieri, ma anche le tavole con le stazioni della via Crucis. Ovviamente spetterà alla magistratura e alla Dda appurare se davvero tutto questo materiale sia sparito, venduto o affidato - come avvenuto per le statue del ‘600 - alle confraternite gestite dai clan e chiunque abbia gestito i beni della chiesa di San Giovanni e Paolo avrà modo di dimostrare la liceità e la regolarità della propria amministrazione. Secondo la nostra fonte c’era un intermediario, non più in vita, che si occupava di prendere gli oggetti dalla chiesa e di portarli in dote alla suocera dei boss. Tutto, ovviamente, da dimostrare. Fu però proprio l’inchiesta della Dda dello scorso mese, che smantellò ben 11 altarini tra l’Arenaccia e San Carlo all’Arena - uno edificato persino sulle antiche mura di un acquedotto romano - a mettere in luce gli strani rapporti tra alcune parrocchie del quartiere e i clan. Oltre alle tre statue del ‘600 anche altri oggetti potrebbero essere finiti nelle case dei boss. Un’ipotesi, ma certamente da approfondire. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA