Maikol Russo, a Forcella una targa in ricordo della vittima innocente di camorra

Commosso il ricordo di papà Antonio

Forcella, una targa in ricordo di Maikol
Forcella, una targa in ricordo di Maikol
di Emiliano Caliendo
Sabato 31 Dicembre 2022, 15:26 - Ultimo agg. 1 Gennaio, 11:00
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Un anno dopo la piantumazione di un ulivo in sua memoria, il ricordo di Maikol Giuseppe Russo – venditore ambulante, vittima innocente di camorra – viene perpetrato con una targa alla memoria apposta sulla facciata del teatro Trianon Viviani in piazza Vincenzo Calenda, a Forcella. Lì, a pochi metri da dove fu ucciso a 27 anni, probabilmente a causa di uno scambio di persona, nel corso di un agguato la mattina del 31 dicembre 2015, mentre aspettava che il fratello terminasse il proprio turno di lavoro al bar dove lavorava. «Mai abbassare la guardia nella custodia della legalità. Riposa in pace Maikol», recita il messaggio sulla targa commemorativa. Ad organizzarne la commemorazione è stata la fondazione Trianon Viviani insieme alle associazioni “l’Altra Napoli” e quella dei commercianti “‘A Forcella”. Un momento di incontro e di riflessione condiviso con i famigliari di Maikol: la moglie Angela, insieme ai suoi due figli, e il padre Antonio. Hanno partecipato inoltre il questore di Napoli, Alessandro Giuliano, e in qualità di rappresentanti del Comune, il vicesindaco Laura Lieto e l’assessore alla sicurezza e alla legalità, Antonio De Iesu. «Dobbiamo avere la speranza e lavorare affinché questa città cambi – ha detto Antonio Lucidi, vicepresidente de L’Altra Napoli -  e possa diventare una città come le altre, europea, in cui ci possa essere lavoro per tutti, senza povertà educative e abbandono scolastico. Dove, dunque, sia possibile intraprendere un percorso di normalità e di legalità. Maikol era uno dei figli di questa città, troppo spesso dimenticati. È morto in un giorno in cui tutti fanno festa, il 31 dicembre del 2015. È doveroso ricordarlo insieme a tutti quelli che hanno perso la vita per la follia altrui e la pazzia di un mondo che porta a galla cose disdicevoli con le quali non vogliamo avere nulla a che fare».

Commosso il ricordo di papà Antonio: «Siamo qui purtroppo a ricordare Maicol, un ragazzo che ha avuto una disavventura.

Siamo qua con la forza che mi dà lui, grazie alla quale cerco di andare avanti. Maikol era un bravissimo ragazzo che cercava in tutti i modi di evadere, nel frattempo vendeva calzini. Il mio lavoro da padre l’avevo fatta bene, crescendo ragazzi tranquilli. Lo chiamavano il gigante buono: ho saputo dopo la sua morte che portava gli zingarelli a tagliare i capelli e che spesso gli donava i vestiti che i figli non utilizzavano più. Ero orgoglioso di lui». Antonio Russo, definisce se stesso un «ragazzo degli anni ‘80» che è riuscito a trasmettere la passione per i viaggi a suo figlio – «anche lui ha viaggiato tanto, soprattutto in America, quando andò a trovare i miei fratelli» –, dandogli un’educazione che lo ha sempre tenuto lontano da ambienti criminali. Un rischio, la fascinazione per i modelli negativi del crimine, sempre più diffusa in alcuni contesti di emarginazione sociale: «Vedo – dice Antonio Russo - un cambiamento in negativo con le nuove generazioni, nel loro modo di pensare e di fare. Vedi il femminicidio che io condanno a priori. Sono venuti meno valori importanti. Assistiamo, secondo me, ad un punto di non ritorno. Le stesse organizzazioni criminali che c’erano quando io ero ragazzo (con 4000-5000 affiliati) raramente commettevano atti del genere. Quello che è successo a Maikol è un fallimento per me perché magari avrei potuto pensare di andare via da questo posto. Ma in queste traverse ci sono anche brave persone».

 

Tra i promotori dell’iniziativa in memoria di Maikol Russo, anche il parlamentare di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli: «Oggi – afferma l’ex consigliere regionale - ricordiamo anche Giuseppe Veropalumbo, ucciso a Torre Annunziata da un proiettile vagante mentre stava facendo il cenone con la sua famiglia. O Nicola Sarpa ucciso a Capodanno dalla nipote di un delinquente, che purtroppo è già libera, mentre era affacciato al balcone di casa sua ai Quartieri Spagnoli. Tante vittime di cui spesso ci dimentichiamo mentre troppo spesso vediamo murales e altarini dedicati a criminali, farabutti e rapinatori. Noi dobbiamo ricordare le vittime e gli eroi, anche questo serve nella lotta alla criminalità organizzata. Non è un caso che oggi siano presenti tutte le istituzioni e anche molti dei famigliari». Borrelli, da sempre in contatto con la famiglia Russo a seguito della tragedia che li ha colpiti, ha sottolineato come la mamma di Maikol «non ce l’abbia mai fatta ad essere presente al momento di ricordo dedicato al figlio». «Purtroppo – ha aggiunto Borrelli - l’unico modo per far cambiare idea alle famiglie delle vittime è mostrargli che il territorio cambia. E oltre l’intervento della magistratura e delle forze dell’ordine tocca anche a noi, perché in alcuni casi l’invivibilità è il primo tassello da cui poi nasce la delinquenza e la criminalità organizzata. E l’esempio da dare spetta innanzitutto a chi ricopre ruoli pubblici». 

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Coltivare la memoria per dar vita a un cambiamento ancora lungi dal realizzarsi, come emerge chiaramente dall’intervento di don Angelo Berselli, fino a tre mesi fa parroco della chiesa di San Giorgio Maggiore a Forcella. «Eliminiamo dal nostro vocabolario il termine emergenza, per cui s’intende qualcosa di forte intensità ma di breve durata. Sono 15 anni che sono qui e quest’emergenza non se n’è mai andata. Una situazione generata in questa città da un errato principio di tolleranza a partire dalle piccole cose come le auto in doppia fila fino ad arrivare agli omicidi». Dopo sette anni dall’omicidio di Maikol Russo si ha la sensazione che nel territorio di Napoli disgrazie ineluttabili come quella possano, in qualunque momento, ripetersi.

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