Le formiche, il tamtam della vergogna e le risposte che servono

di Vittorio Del Tufo
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 09:56
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La vergogna cancella il riscatto. E vergogna è la parola giusta per descrivere quanto sta accadendo all'ospedale San Giovanni Bosco. Dopo l'oscena danza delle formiche sui volti degli ammalati, dopo le condotte otturate con bottiglie, lenzuola e pannolini, dopo gli allagamenti e le infiltrazioni d'acqua nei corridoi, ora la cronaca deve registrare il crollo dei pannelli della controsoffittatura nella sala operatoria di Ginecologia. I locali erano già stati interdetti perché non a norma e, di conseguenza, non venivano utilizzati dal personale del reparto. Vale a poco, a questo punto, aggiungere che dal 26 dicembre anche la Tac di ultima generazione di cui è dotato l'ospedale è in avaria; l'altra funziona a mezzo servizio. La verità è che - ben al di là del caso formiche, l'episodio mediaticamente più imbarazzante per il management dell'ospedale e per l'intera sanità campana - il degrado avanza e ha superato da tempo la soglia della tollerabilità.

Le parole scorrono vacue, al capezzale del San Giovanni Bosco. Chi insiste sulla pista del sabotaggio - suggestiva, ma tutta da dimostrare - deve fare i conti con uno stillicidio di episodi gravi, gravissimi, che rimandano a un degrado più ampio. Nel quale trovano spazio tanto i presunti disegni criminali di chi vorrebbe gettare il San Giovanni Bosco nel caos quanto la totale inadeguatezza di chi dovrebbe provvedere al decoro, all'igiene e al buon nome dell'ospedale. Se sabotaggio c'è, o c'è stato, non esaurisce l'intero orizzonte dell'emergenza. Un'emergenza tanto più odiosa perché, rimbalzando di telegiornale in telegiornale, di sito in sito, vanifica il lavoro di chi sta cercando di tirar fuori la sanità campana dalle secche, calando la scure sulle sacche di improduttività, sulle duplicazioni inutili, sul disordine organizzativo.

La vergogna cancella il riscatto. Ci piaccia o no, dobbiamo prendere atto che un'invasione di formiche al San Giovanni Bosco rimbalza, mediaticamente, molto di più dei quattro neonati morti nelle ultime settimane agli Spedali Civili di Brescia. Le narrazioni provenienti da Napoli - buone o cattive che siano - hanno un potenziale esplosivo di gran lunga superiore a quelle delle altre città. Gli episodi del San Giovanni Bosco - dalle formiche alle lenzuola nelle condotte fecali - non suonano solo come un'offesa ai pazienti, agli ammalati, ai cittadini che pretendono di essere curati in un ospedale civile, ma rischiano di diventare un cliché agli occhi dell'opinione pubblica del paese. E di spezzare definitivamente le gambe ai propositi di rilancio, penalizzando anche le eccellenze che pure albergano al San Giovanni Bosco come in tante altre strutture sanitarie.

Per questi motivi occorre fare chiarezza. E soprattutto pulizia, in tutti i sensi. Mandando a casa i responsabili di questo disastro e indagando a fondo sul sistema degli appalti nel quale potrebbero annidarsi ombre. Perché tertium non datur: o siamo in presenza di una clamorosa azione di sabotaggio, e in questo caso è grave che gli autori non siano ancora stati individuati e puniti; oppure ci troviamo di fronte a una colossale prova di inefficienza, dal momento che ben trenta interventi di disinfestazione già effettuati non sono serviti a niente.

«Al San Giovanni Bosco hanno vinto le formiche», ha titolato ieri il Mattino. Ma può un ospedale storico e di frontiera, che copre un bacino d'utenza di circa trecentomila abitanti - arrendersi a una colonia di insetti, a tal punto invasiva da tenere sotto scacco l'intera sanità campana? Pensiamo di no. Sarebbe una sconfitta per tutti trovarsi costretti - per i comportamenti criminali o per l'imperizia o, ancora per l'inciviltà di pochi - a chiudere i reparti, trasferire i pazienti, in una parola a dichiarare la resa. D'altra parte il decoro e il rispetto degli ammalati sono irrinunciabili. E la misura è colma: questo stillicidio non può continuare. 

Il piano ospedaliero della Regione, recentemente approvato dal ministero, ha confermato per il San Giovanni Bosco un ruolo di primo piano nella rete dell'emergenza napoletana. Nessuna chiusura, dunque, e nessun ridimensionamento, ma la conferma del pronto soccorso di primo livello per le principali discipline mediche e chirurgiche. Anche i fondi (nazionali) per la ristrutturazione dell'ospedale (7,8 milioni di euro) sono disponibili: ora che il piano ospedaliero è stato approvato occorre il via libera per impiegare rapidamente queste risorse e aprire immediatamente i cantieri. Insomma, il tempo delle parole è finito. Un ospedale che ha appena visto riconosciuto il suo ruolo (centrale) nel sistema delle emergenze non può restare in ostaggio di una colonia di formiche, ma non può nemmeno tollerare che rimangano ombre sulla gestione del sistema di pulizie. Per questo servono patti (e fatti) chiari sul suo futuro. Se si vuole davvero scongiurare la chiusura del San Giovanni Bosco, bisogna rivoltarlo come un calzino e trasformarlo in un ospedale degno di un paese civile.
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