Napoli, «fungo» di via Marina nel caos:
​«Quella struttura è abusiva»

Napoli, «fungo» di via Marina nel caos: «Quella struttura è abusiva»
di Paolo Barbuto
Venerdì 13 Novembre 2020, 10:59
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Il fungo di via Marina inaugurato mercoledì con un'istallazione degli artisti Bianco e Valente finisce definitivamente nel caos. Ieri è partito un esposto alla Procura e alla sezione antiabusivismo edilizio dei vigili di Napoli con la segnalazione di una grave irregolarità che renderebbe definitivamente abusiva l'intera struttura. La questione è legata al permesso concesso dalla Soprintendenza che era legato esclusivamente alla diffusione di messaggi pubblicitari sugli schermi al led che dovevano essere montati in cima a quel circolo di ferro di dodici metri di diametro: venuta meno la possibilità di metterci la pubblicità, quel permesso della Soprintendenza, secondo i firmatari dell'esposto, avrebbe perduto ogni efficacia rendendo, di fatto, quell'opera abusiva.

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IL DOCUMENTO
L'esposto porta la firma dell'avvocato Brancaccio a nome dell'unione di associazioni (più di cento) riunite sotto l'insegna di Insieme per Napoli. Al documento è allegato il parere che la Soprintendenza, allora retta da Luciano Garella firmatario del placet, concesse al Comune fra mille polemiche.

La Soprintendenza venne convinta a concedere il permesso per quel gigantesco mostro di ferro e cemento con le seguenti motivazioni: grazie alla pubblicità che verrà convogliata sugli schermi al led, potranno essere rimossi tutti gli antiestetici cartelloni pubblicitari lungo l'intera strada costiera che da San Giovanni arriva fino a piazza Municipio. La scelta sembrò coerente alla Soprintendenza che, nel documento in cui concesse il permesso alla costruzione del fungo puntualizzò che poteva essere realizzato solo con gli schermi luminosi per i messaggi pubblicitari e solo in cambio della rimozione totale di tutti i cartelloni di via Marina.


IL BLOCCO
Quando lo scorso anno, sempre su sollecitazione dell'associazione Insieme per Napoli, il Ministero dei Trasporti impose la cancellazione del progetto dei led luminosi (secondo il codice della strada nel mezzo di un incrocio è vietato esporre elementi che disturbano gli automobilisti, e i messaggi luminosi sono fra questi), sarebbe stato necessario chiedere un nuovo permesso alla Soprintendenza ma il Comune non ci ha pensato. Così al momento dell'inaugurazione di mercoledì scorso, con il timbro di fine lavori sull'opera, è scattato l'esposto ufficiale nel quale viene chiesta chiarezza sull'ipotesi che quella struttura possa essere un manufatto senza permessi, quindi abusivo. L'esposto chiede che si arrivi al più presto all'abbattimento del fungo appena inaugurato ma il percorso per arrivare, eventualmente, a una decisione così drastica, è ancora molto lungo. Ovviamente palazzo San Giacomo sostiene la correttezza totale della documentazione per la realizzazione della struttura e non considera valide le ipotesi messe nero su bianco nell'esposto a firma dell'avvocato Brancaccio.


LA TENSIONE
Lo stesso avvocato si dice sorpreso che «l'assessore ai lavori pubblici abbia personalmente inaugurato un'opera che deve essere ritenuta abusiva». Nel frattempo sull'utilità e, soprattutto, sui costi del fungo, si susseguono le polemiche. Il presidente della commissione lavori pubblici, Nino Simeone, ha già scritto al sindaco e agli assessori competenti chiedendo quali sono i costi sostenuti dall'amministrazione e per quale motivo, visto che il rientro pubblicitario non ci sarà più. Sulla questione si starebbe accendendo anche l'attenzione della Corte dei Conti che, proprio su sollecitazione del presidente Simeone potrebbe chiedere di vederci chiaro per capire qual è stata la genesi dalla vicenda che ha comportato una spesa pesantissima, superiore ai 150mila euro (al di fuori dell'opera d'arte per la quale non sono forniti valori ufficiali) e che non produrrà nessun ricavo all'amministrazione. Per realizzare quel fungo è stata apportata una variante al piano originale dei lavori di via Marina che ha comportato un surplus di documentazione per consentire il passaggio del servizio tramviario e che ha allungato i tempi di realizzazione, perché nel corso della costruzione è stato intercettato un canale fognario per il quale è stato necessario prevedere una variazione di percorso.

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