Ginecologo napoletano morto a Milano, i parenti: «Non è stato un suicidio». Un uomo misterioso nello studio

Ginecologo napoletano morto a Milano, i parenti: «Non è stato un suicidio». Un uomo misterioso nello studio
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 21 Maggio 2021, 23:44 - Ultimo agg. 22 Maggio, 18:26
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Hanno battuto un concetto: «Non si è ammazzato. Non crediamo alla tesi del suicidio, non è possibile, Stefano amava la vita, non è stato un suicidio». Parole sofferte da parte di Piero Ansaldi, fratello del ginecologo morto a Milano lo scorso 19 dicembre in circostanze misteriose. Dello stesso avviso Daniela, la vedova del professionista beneventano ma naturalizzato a Napoli, che ribadisce il concetto: impossibile accettare l’idea che il marito si sia squarciato da solo la gola, a pochi passi dalla stazione di Milano. Eccoli il fratello e la moglie del ginecologo. Sono stati ascoltati dalla finanza, nel corso delle indagini condotte dalla Procura di Napoli in una vicenda che - almeno da un punto di vista incidentale - sembra un intrigo internazionale. Sentiti come testimoni e come possibili parti offese, nel corso di un procedimento condotto a Napoli, che ruota attorno alla figura del professionista. Come è noto, sulla morte di Ansaldi, la Procura di Milano si accinge a definire una richiesta di archiviazione dell’ipotesi di omicidio. Resta, per esclusione, la pista del suicidio. Inevitabile a questo punto una domanda: cosa c’entra Napoli? A che titolo la Procura partenopea sta svolgendo le sue verifiche sul caso Ansaldi?

Come i lettori del Mattino sanno, qui al Centro direzionale è stato aperto un fascicolo per riciclaggio, sulla scorta di elementi in possesso dei pm partenopei a proposito di alcuni personaggi che potrebbero essere entrati in contatto con il mondo di relazioni del ginecologo. Pista economica, che spinge a riflettere su una possibilità: quella secondo la quale, Ansaldi potrebbe essere finito al centro di una trama ordita da camorristi desiderosi di spostare i propri capitali all’estero, sull’asse Milano-Lugano-Malta, per ripulire i proventi del denaro sporco. Indagini che prendono le mosse sull’Alleanza di Secondigliano (cartello che si contende fette di sovranità criminale nel territorio metropolitano nei confronti dei Mazzarella), ma che - in questo caso - puntano i propri riflettori su una famiglia radicata da anni in periferia: parliamo del clan Lo Russo (o di quel che resta), da sempre vicini agli ambienti della sanità partenopea. Inchiesta condotta dalla Dda di Napoli, al lavoro i pm Giuseppina Loreto e Maria Sepe, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Rosa Volpe e dello stesso procuratore Gianni Melillo. In questi termini, la morte di Ansaldi potrebbe essere ricondotta al tentativo del clan di usare un professionista di riconosciuto spessore per spostare capitali all’estero. 

Ma c’è un particolare da mettere a fuoco: la presenza di un uomo in visita nello studio del ginecologo. Chi era? Perché un uomo si sarebbe recato diverse volte dal ginecologo senza una donna accanto? Chi era l’uomo visto entrare nello studio del professionista specializzato in fecondazione assistita? Rappresentati dagli avvocati Francesco Cangiano e Luigi Sena, i parenti di Ansaldi attendono gli esiti dell’istruttoria milanese per valutare eventuali ricostruzioni difensive.

Intanto, a Napoli, la pista del denaro (sporco) fa i conti con un uomo non ancora identificato che potrebbe conoscere risvolti inediti di un uomo trovato morto in via Macchi, con la gola squarciata da un coltello che nessuno - in famiglia - aveva mai visto nella disponibilità di Ansaldi. 

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