Non condannate a morte i Girolamini

di Pietro Treccagnoli
Giovedì 14 Dicembre 2017, 09:47
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Una biblioteca non può essere condannata a morte, anzi non può essere trattata come un cadavere nel gelo di un obitorio, sotto sequestro da sei anni per accertare verità ulteriori, probabilmente indispensabili, forse secondarie, ma ormai difficili da stabilire. Non si può negare alla città, a tutto il mondo degli studiosi, agli amanti delle bellezze custodite da Napoli un patrimonio universale come la Biblioteca dei Girolamini. Saccheggiata, umiliata e offesa, è vero, ma pronta per risorgere come un'araba fenice, magari con qualche piuma in meno, ma sempre splendida per il suo tesoro di quasi 160mila tra volumi e opuscoli, tra i quali circa 5mila cinquecentine, centoventi incunaboli e diecimila edizioni rare e pregiate.

L'amara e recente vicenda dei Girolamini è nota, come è nota la condizione dei due impiegati, i fratelli Berardi che denunciarono i furti per mano dell'allora direttore, Marino Massimo De Caro, reo confesso, condannato in Cassazione a sette anni: lavorano con un contratto a termine e non possono godere di una pensione adeguata agli anni di servizio perché i Padri Girolamini in passato non hanno versato tutti i contributi. L'unica soluzione, per loro, potrebbe essere l'applicazione della legge Bacchelli.

La rinascita della biblioteca è forse persino più semplice. Tranne che in periodi particolari (come negli anni che seguirono il terremoto del 1980) è stata sempre aperta al pubblico degli studiosi, dal lontano 1586. Attualmente è statale e nei suoi scaffali, nonostante i clamorosi furti in parte non recuperati e disgraziatamente non più recuperabili, è conservato lo storico e prezioso fondo della collezione di Giuseppe Valletta (18mila volumi) con rare edizioni del Cinque e Seicento, fu acquisita nel Settecento dagli oratoriani su indicazione di Giambattista Vico. Qui si trovano pure le prime edizioni delle opere dello stesso filosofo della «Scienza Nova».

Tutto è sotto sequestro, tutto è come se non esistesse, tutto è sottratto agli studi di universitari, ricercatori, docenti del mondo intero, anche ora che il lavoro di catalogazione è terminato. È negato il monumento stesso, perché la Biblioteca, con i suoi arredi, è di una bellezza stordente. E può essere goduta solo in rare occasioni, quando per eventi come il Maggio dei Monumenti, le serrature si aprono e fanno entrare nelle antiche sale gruppi contingentati di visitatori. 

Ma una biblioteca è materia vivente, non può essere ridotta a una necropoli nella quale i libri sono costretti al silenzio eterno, dove il sapere è ridotto a puro antiquariato, a conservazione necessaria, ma sterile. È ora di aprire le porte dopo sei anni di catenacci, dopo il lavoro minuzioso fatto dai bibliotecari per rimettere ordine in un tempio di carta sfregiato da mani rapaci, tanto che ora, finalmente, si conosce con esattezza cosa la biblioteca contiene. Perché, fino alla scoperta della serie infinita di furti, con il lupo nei panni del custode dell'ovile, non esisteva una catalogazione minima, tanto che chi ha potuto rubare lo ha fatto presumendo l'impunità perenne. Solo che adesso a essere puniti sono anche i napoletani e gli innamorati di Napoli.

 
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