Ucciso a 17 anni nel Napoletano, minacce prima delle coltellate: «Ha invaso il loro territorio»

Ucciso a 17 anni nel Napoletano, minacce prima delle coltellate: «Ha invaso il loro territorio»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 27 Maggio 2020, 23:30 - Ultimo agg. 28 Maggio, 08:03
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Era stato minacciato alcune ore prima di essere aggredito e ammazzato. Era stato preso di mira dagli stessi ragazzi che aveva frequentato qualche giorno prima e con cui i rapporti si erano bruscamente irrigiditi. Storia di giovani difficili, imparentati con boss o pregiudicati, a loro volta legati a famiglie e clan che hanno segnato la cronaca nera stabiese. Eccolo lo scenario in cui matura l’omicidio di Nicholas Di Martino, il 17enne ferito a morte a colpi di coltello lungo il corso principale di Gragnano, e il tentato omicidio di Carlo Langellotti. Indagini lampo, ieri mattina la svolta, con l’esecuzione di due ordini di fermo a carico dei presunti assassini: finiscono in cella Ciro Di Lauro (21 anni), e Maurizio Apicella (20 anni, precedenti per furto, stupefacenti, lesioni e armi), nel corso delle indagini del pm anticamorra Giuseppe Cimmarotta. Decisivo il riconoscimento effettuato da Langellotti, che non ha avuto dubbi a ricostruire ruoli e dinamica dell’aggressione (rimanendo però vago sul movente), mentre hanno avuto un peso anche le immagini ricavate da un impianto di videosorveglianza lungo il corso principale di Gragnano. 

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In pochi giorni, la situazione degenera, qualcosa si rompe nella vita dei «bravi ragazzi» di Gragnano. Si passa da una convivenza apparentemente pacifica, fatta di ventenni con precedenti penali gravissimi, in un clima che si fa rovente. Ed è la zia della vittima a raccontare oggi le preoccupazioni del giovane Nicholas, proprio a proposito di quanto avvenuto negli ultimi giorni a ridosso di via Vittorio Veneto. Ha spiegato la sorella della madre del diciassettenne ucciso: «Da tempo mio nipote mi aveva confidato che si sentiva al centro di sguardi minacciosi da parte di Apicella e di un altro soggetto appartenente allo stesso gruppo».  Poi si arriva a domenica pomeriggio, siamo sempre nel pieno dello struscio post covid del comune vesuviano, quando Nicholas riceve «esplicite minacce di morte da parte di Apicella». 

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Cosa è accaduto? Cosa ha provocato una promessa di morte, puntualmente mantenuta appena poche ore dopo quegli sguardi minacciosi nei pressi di una pizzeria? È ancora la zia del ragazzino ucciso a dire la sua, offrendo una versione ritenuta attendibile, a proposito del possibile movente dell’aggressione mortale: «Penso che il comportamento dell’Apicella fosse conseguente ad una invasione territoriale da parte di mio nipote». Un passaggio che allude ad una possibile spartizione del comune di Gragnano da parte di bande di ragazzi appena ventenni, che hanno alle spalle denunce di ogni tipo. Uno sconfinamento? E in base a quale regola? Indagini del commissariato di Castellammare di Stabia e della squadra mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, non si esclude alcuna ipotesi. C’era una spartizione del territorio per interessi legati alla droga? Studente iscritto in un istituto locale, Nicholas non aveva alcun legame con fatti di droga, ma la sua semplice presenza potrebbe essere stata avvertita come una minaccia o come una sfida. E non è un caso che gli inquirenti fanno riferimento a una sorta di «sgarro» alla base della rappresaglia a colpi di coltelli, sempre secondo logiche di appartenenza tra gruppi che si contendono le zone più in vista del paese.

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Ora la parola passa ai due indagati finiti ieri agli arresti. Ciro Di Lauro è difeso dall’avvocato Francesco Romano, mentre Maurizio Apicella sarà assistito dai penalisti Giuliano Sorrentino e Carlo Taormina, nel corso di un processo in cui entrambi rispondono di omicidio e tentato omicidio con l’aggravante di aver agito con metodo camorristico: una condotta violenta e prevaricatrice - sostengono gli inquirenti - messa segno a poche ore dalla minaccia di morte e per giunta in una strada pubblica, per sottolineare il proprio potere sul territorio. Stesso scenario servito a ricostruire, almeno fino a questo momento, un altro episodio avvenuto all’alba di lunedì, con il ferimento a colpi di arma da fuoco di un soggetto che orbitava nello stesso gruppo di Apicella e Di Lauro.
 
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Indagini sul clan di Leonardo Di Martino e sui suoi figli, a partire da Antonio, latitante dal dicembre del 2018, in uno scenario in cui - a distanza di trent’anni - rientrano in gioco sempre gli stessi cognomi: Nicholas non aveva precedenti penali, ma era nipote di Nicola Carfora ‘o fuoco, in passato legato al boss Mario Umberto Imparato (clan oggi indicato come disciolto), tanto da risultare come uno dei protagonisti della cosiddetta strage delle Terme stabiane avvenuta il 21 aprile del 1989, nel corso della quale venne ucciso Vincenzo D’Alessandro, fratello del boss Michele, assieme ad alcuni uomini della sua scorta. Trent’anni dopo, la terza generazione delle stesse famiglie, si contendono la vita per una questione di «sconfinamento». 

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