Napoli, in coma disabile arrestato
a 72 anni: «Non c’è giustizia»

Napoli, in coma disabile arrestato a 72 anni: «Non c’è giustizia»
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 2 Maggio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 3 Maggio, 15:36
3 Minuti di Lettura
È in condizioni gravissime, quasi disperate, Giorgio Mancinelli. Il 72enne condannato per bancarotta fraudolenta e spedito in carcere senza se e senza ma nonostante l’età, ma soprattutto il grave stato di salute - è ormai incosciente, in coma. Il suo calvario rischia di concludersi per sempre in un letto dell’Ospedale del Mare, dove è stato ricoverato d’urgenza il 27 aprile scorso. E adesso la moglie e i suoi familiari denunciano: «Avevamo chiesto che finisse i suoi giorni a casa, ma il Tribunale di Sorveglianza ci ha negato anche questo, nonostante vi fosse un parere favorevole del pubblico ministero».

IL DRAMMA
A spiegare lo stato di salute di Giorgio Mancinelli, napoletano di San Giovanni a Teduccio, sposato e padre di una figlia che soffre di una grave disabilità invalidante, non servono giudici né avvocati. Basta leggere la sua cartella clinica: epilessia, diabete mellito di secondo tipo, encefalite posterpetica e decadimento cognitivo di grado severo (Alzheimer grave), trapianto della cornea ed altro ancora. Ora Mancinelli è in fin di vita. Lo attestano gli ultimi referti medici stilati all’Ospedale del Mare, dove - peraltro - i suoi ricoveri da Pasqua a oggi sono stati ben due.  In tutto questo drammatico quadro non bisogna perdere di vista un dato: la moglie dell’uomo - che sta vivendo sulla propria pelle, da sola, una situazione ai limiti del sostenibile - aveva chiesto tramite i suoi legali alla Sorveglianza di rivedere quella decisione che insisteva per la detenzione carceraria, senza accogliere la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari. Il magistrato competente si era riservata di valutare la domanda, fissando tuttavia l’udienza al prossimo 16 maggio. Forse però per quella data il 72enne non ci sarà più. Ma procediamo con ordine, ricostruendo gli ultimi episodi.

 

L’ARRESTO
Mancinelli è stato condannato con sentenza passata in giudicato a cinque anni di reclusione per un reato grave: bancarotta fraudolenta. Tenendo sempre tutto nascosto a moglie e famiglia, ha avuto un ruolo - facendo peraltro da «prestanome» - in un caso di sottrazione patrimoniale alle pretese dei creditori. Moglie e figli non hanno mai saputo nulla del processo (al quale, colpevolmente, l’uomo si era sottratto decidendo peraltro di non nominare un difensore di fiducia), se non quando è fioccata la condanna. Divenuta esecutiva la sentenza, in conseguenza della nuova legge «spazzacorrotti», l’anziano infermo è finito a Poggioreale. Nonostante l’avanzata età e - soprattutto - il carico di malattie che negli anni lo avevano reso alla fine un tronco umano. Mancinelli non vedeva più, e a malapena riconosceva i suoi cari solo dalla voce e dal tatto. Ma la legge, per quanto dura, è legge e deve fare il suo corso. Sempre.

IL MALORE 
Il quadro tuttavia cambia rapidamente. Il 22 aprile Mancinelli - ricoverato in un letto del padiglione San Paolo del carcere di Poggioreale - subisce una crisi epilettica. Ha le convulsioni, e viene disposto il suo ricovero in ospedale. «Il giorno successivo - dice con gli occhi lucidi la moglie Sofia - vado a fargli visita e lo trovo in condizioni drammatiche: non parlava, non dava segni vitali e aveva la maglietta intima sporca di vomito ormai rinsecchito: mi venne impedito anche di cambiargli il pigiama». Ma è solo l’inizio di un nuovo dramma. Nel pomeriggio del 23 l’uomo viene dimesso, torna in carcere. Ma meno di 24 ore dopo, in conseguenza di una crisi respiratoria, si decide di riportarlo all’Ospedale del Mare, in stato di piantonamento. Nuove cure, alle quali Mancinelli pare reagire positivamente. Poi, però, la situazione degenera, e il 27 aprile il 72enne va in arresto cardiaco. «Per poterlo vedere - prosegue la signora Sofia - ho dovuto attendere due giorni, il lunedì successivo. Dall’encefalogramma cui venne sottoposto si riscontrava un’attività cerebrale ormai minima. Da quel momento non ci ha più nemmeno riconosciuti. Contro di lui è proseguito un accanimento: e io sapevo che nel momento in cui sarebbe stato portato in carcere Giorgio sarebbe morto... Oggi mi chiedo se questa in Italia sia la giustizia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA