Ricomincia la serie A, a Napoli è boom dei decoder pirata con Dazn

Ricomincia la serie A, a Napoli è boom dei decoder pirata con Dazn
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 17 Agosto 2018, 22:58 - Ultimo agg. 19 Agosto, 09:28
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L’offerta è apparentemente allettante. Di più: assomiglia ad un affare. Già, perché all’indomani della rivoluzione che ha stravolto il già complesso panorama delle piattaforme televisive dedicate agli appassionati di calcio (triplicandone le offerte) i soliti ignoti - i «signori della truffa» - si sono immediatamente attrezzati riuscendo a proporre un sistema di contraffazione che permette di bypassare il regolare sistema dei contratti di abbonamento. A Napoli lo chiamano il «pezzotto». Un metodo illegale che abbatte nettamente i prezzi di mercato e ti fa accedere sia a Sky, sia a Mediaset che alla neonata Dazn.

A Napoli c’è chi subito ne ha approfittato. Cedendo alla facile lusinga di chi ti promette tutto, subito, e a un prezzo irrisorio. Da dieci a 15 euro al mese per ottenere di accendere la tv potendo usufruire di tutte e tre gli abbonamenti. Peccato che dietro questa offerta si nasconda la trappola che finisce per incatenare ad una lunga serie di reati previsti dal codice penale e puniti anche severamente. E sul fronte del contrasto a questo fenomeno, dietro il quale si cela un’agguerrita organizzazione criminale (e non può escludersi anche la camorra) vigila da settimane la Guardia di Finanza. «Attenzione - ammonisce il neo-comandante del Nucleo di polizia tributaria del comando provinciale delle fiamme gialle di Napoli, colonnello Domenico Napolitano - perché chi, in buona o malafede, cede alla tentazione di farsi installare codici contraffatti di accesso alle piattaforme televisive via parabola o via internet rischia di trasformarsi in un hacker, cioè in un pirata informatico».
 

Dicevamo di Napoli. Nel capoluogo campano si stima che almeno tre-quattro telespettatori su dieci sia entrato in contatto con chi offre il «pezzotto». Tra loro, stando ad un tam-tam che fa passare la voce della presunta offerta (che tale non è, naturalmente), ci sarebbe un universo variegato e trasversale che va dall’insospettabile professionista al nullatenente. Perché, si sa, la passione per il calcio non ha ceti né confini di classe.

«Io mi sono fatto l’abbonamento a dieci euro. Tu ancora paghi Sky e Mediaset? Adesso lo sai che per vedere tutte le partite del campionato di calcio, oltre alla Champions, ti viene a costare una cifra blu?». Così scatta l’esca. Alla quale abboccano in tanti. Per comprendere il volume di affari che si cela dietro questo traffico illecito - fanno sapere fonti investigative - basta rileggersi gli atti di un’inchiesta condotta dalla Procura di Roma, che il 16 maggio ha chiuso il cerchio intorno a cinque indagati considerati i promotori di un’associazione per delinquere internazionale finalizzata alla pirateria audiovisiva e al riciclaggio delle schede falsificate: un milione di euro. Ma a rischiare il carcere non sono solo i procacciatori, cioè coloro che ti vengono a inserire nella memoria della «smart tv» i codici seriali rubati o clonati dagli originali. Un lavoro che naturalmente richiede, a monte, la cosiddetta scheda madre.

E a poco serviranno gli escamotages di chi prova a seguire vie traverse. Da informazioni verificate dal nostro giornale, non pochi napoletani hanno aderito alle offerte fuorilegge intestando la linea internet ad anziani ultrasettantenni (magari vicini di casa o condomini) spesso inconsapevoli della truffa; c’è anche chi è ricorso al solito sistema riconducibile alle scatole cinesi di aziende fasulle, o di prestanomi che nulla hanno da perdere.

Intanto da oggi si comincia con il grande circo mediatico del pallone. E gli esperti del Comando Generale della Guardia di Finanza sono già in azione: i militari del Nucleo speciale frodi tecnologiche, che attraverso complesse verifiche possono risalire agli IP - cioè gli indirizzi capaci di identificare gli intestatari delle linee internet (lungo cui corrono i programmi visibili sui televisori di nuova generazione).

C’è davvero poco da scherzare. Prendere sottogamba chi ogni mese ti viene a «codificare» sullo stesso televisore a 10-15 euro i numeri seriali rubati è un errore che può costare il carcere. I «flussi di comunicazione» della Rete sono tracciabili e identificabili. C’è, sul punto, una giurisprudenza consolidata: nell’ottobre 2017 una sentenza della Cassazione che ha respinto il ricorso di un utente già condannato a quattro mesi di reclusione e duemila euro di multa per aver violato la legge sul diritto d’autore per aver guardato la Pay Tv senza regolare abbonamento, grazie al sistema del «card sharing».
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