«AAA, cerco barista ma non lo trovo: tutta colpa del reddito di cittadinanza»

«AAA, cerco barista ma non lo trovo: tutta colpa del reddito di cittadinanza»
di Daniela De Crescenzo
Giovedì 13 Giugno 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:54
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AAA barista cercasi: l'annuncio, pubblicato sui social, non ha trovato risposte. E Danilo Volpe, che lo aveva pubblicato nelle settimane scorse, non trova altri dipendenti. La colpa? «Non lo so spiega l'esercente ma potrebbe entrarci il reddito di cittadinanza».

Signor Danilo, come è andata?
«Negli ultimi cinque mesi si sono licenziate tre persone, due solo nell'ultima settimana».

Il turnover nel suo settore è abbastanza normale. O no?
«Certo, cambiare è possibile, ma tanti licenziamenti in un'azienda che è sul mercato da trenta anni, non erano mai capitati».

Avete bisogno di personale specializzato?
«Io gestisco un bar, ho bisogno soprattutto di gente che sappia preparare il caffè e tenere pulite le macchine. Quando è possile cerco dipendenti che abbiamo frequentato istituto l'alberghiero. Non posso pretendere laurea, ma ho sempre puntato su persone che abbiano già lavorato altrove per qualche anno. Nel nostro mestiere poi, conta anche il sapere fare. Il barista deve ispirare fiducia e sicurezza. Prendere il caffè deve essere un piacere».
 
Cosa ha fatto dopo le dimissioni a catena?
«Mi sono collegato ad internet e ho postato più volte la richiesta di personale su Fb, sulla pagina del mio esercizio, ma nessuno ha risposto. Allora sono entrato sui siti specializzati per la ricerca di lavoro. Ho mandato molte mail, ho ricevuto poche risposte. Molti hanno rinviato, qualcuno è venuto. Contemporaneamente ho fatto correre la voce tra le mie conoscenze».

Risultato?
«Sono riuscito a svolgere sette colloqui, non ho assunto nessuno. Qualcuno ha rinviato, altri hanno detto che non vale la pena di lavorare per ottocento euro al mese e mi hanno spiegato potevano guadagnare di più in altri modi».

Quali?
«Non lo hanno detto, ma il sospetto che aspirassero al reddito di cittadinanza viene, anche perché in passato non ho mai avuto questo problema».

Magari offriva un salario troppo basso.
«Guardi: i miei esercizi sono nel centro di Napoli e noi siamo controllatissimi, quindi applichiamo alla lettera il contratto di lavoro».

Compenso previsto?
«Ottocento euro per lavorare dalle 6,30 alle 16,30 o dalle 14,30 alle 20,30».

Ottocento euro per otto ore di lavoro al giorno?
«E no, nel nostro mestiere, si sa, contano molto le mance. Calcolando anche quelle si arriva anche a 1200 euro al mese. Più o meno la stessa cifra che guadagno io come titolare. Ma forse, se c'è la possibilità di intascare un po' di meno senza lavorare, qualcuno ha la tentazione di lasciar perdere».

Si è confrontato con gli altri commercianti?
«Soprattutto con i miei soci, e anche loro la pensano allo stesso modo. Ma francamente penso che anche altre commercianti siano nelle mie stesse condizioni. È troppo strano che appena lo scorso anno appena si liberava un posto già c'era il rimpiazzo, e adesso non trovo nemmeno un ragazzino pronto a imparare il mestiere».

Non è un bene che ci sia più concorrenza tra i datori di lavoro e si arrivi a salari più alti?
«No, io per pagare di più un lavoratore non ho altra strada che alzare i prezzi. E, invece, oggi Napoli è una delle città dove la vita costa di meno. Anche per questo abbiamo tanti turisti».

Come ha pensato di risolvere il problema?
«Io e la mia collaboratrice storica, Yvona, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo affrontato la situazione.

Un altro dipendente fa il doppio turno e naturalmente guadagna il doppio. Abbiamo affrontato la situazione, ma siamo costretti tutti ai doppi turni. Tra l'altro si sono licenziati tutti all'improvviso. E pensare che fino all'anno scorso appena si liberava un posto davanti al mio bar si faceva la fila».

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