Napoli, l'appello della mamma di Lello: «Una vendetta cinica dietro l'assassinio di mio figlio»

Napoli, l'appello della mamma di Lello: «Una vendetta cinica dietro l'assassinio di mio figlio»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 9 Ottobre 2018, 11:00 - Ultimo agg. 13:51
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Si rivolge a quanti hanno visto, a quanti erano presenti nove giorni fa nella discoteca di Bagnoli e sabato scorso all'esterno del circoletto di Miano. Poi si appella ad una convinzione personale, maturata in queste ore di dolore, amarezza e rabbia: «Mio figlio è stato ucciso per vendetta, è stato vittima di un agguato organizzato in modo cinico nel corso di una settimana intera».

Eccola Adelaide Porzio, la madre di Raffaele Perinelli, il 21enne ammazzato sabato notte con una coltellata al petto, al termine di una lite scoppiata con il 31enne Alfredo Galasso. Parla a fatica, mastica dolore e rabbia, la donna costretta a prendere atto della perdita di un figlio. Accanto alla sua amica Giada, cerca di fare chiarezza sulla dinamica dell'assassinio del figlio, alla luce delle notizie raccolte in queste ore, alla luce di informazioni che - chiedono le due donne - siano chiare a tutti in vista del processo a carico dell'assassino reo confesso. Giustizia e non vendetta - è la sintesi estrema del colloquio - purché sia giustizia esemplare e definitiva.
 


Signora Adelaide, perché parla di un agguato? Perché usa la parola vendetta?
«Perché mio figlio aveva avuto la meglio nel corso di un litigio avuto in discoteca sette giorni prima di essere ammazzato. Un litigio in discoteca, dinanzi agli occhi di decine di persone, al termine del quale il suo assassino aveva avuto la peggio. Una cosa intollerabile per una certa logica criminale, per chi non ha un minimo di cultura e per chi non ha un impegno con cui intrattenere le proprie giornate».

Eppure la versione dei fatti deve essere ancora approfondita, bisogna mettere a confronto le versioni messe agli atti con eventuali video ricavati dalle telecamere della zona. Non crede che sia precipitosa l'idea di un agguato?
«Nient'affatto. Non regge la tesi di Galasso secondo la quale per una settimana ha avuto paura di incontrare mio figlio».

A cosa fa riferimento?
«Se è vero che hai paura di essere aggredito non te ne vai all'esterno di un circoletto dove sai che c'è possibilità di incontrare mio figlio. E soprattutto quando lo vedi scappi, vai via, fai di tutto per evitare una colluttazione, insomma non te le vai a cercare. Per questo è importante che qualcuno si faccia avanti e venga a raccontare cosa ha visto, che venga a raccontare chi ha dato inizio all'aggressione culminata nella morte di mio figlio».
 
A chi si sta rivolgendo in particolare?
«Alle ragazze che erano al fianco di mio figlio in discoteca, ma anche alle tante persone che erano comunque presenti sabato scorso, quando mio figlio è stato ammazzato».

Lei è sicura che ci fossero altre persone?
«Ne ho la certezza. Per questo mi rivolgo soprattutto a loro, alle ragazze che erano in discoteca, che hanno visto il modo in cui sono andati i fatti. Purtroppo mio figlio ha avuto la meglio in quel litigio, cosa intollerabile per un uomo privo di cultura. Ed è questo il motivo che ha spinto quell'uomo ad armarsi per una settimana intera, lo ha dichiarato ai magistrati, ma come si fa a girare per una settimana intera con un coltellaccio da cucina? È evidente che meditava propositi di vendetta, è evidente che stava cercando un pretesto per lavare con il sangue l'onta di aver avuto la peggio nel corso di una lite con un ragazzo più giovane».

Inchiesta condotta dai pm Stefano Capuano e Anna Frasca, sotto il coordinamento degli aggiunti Nunzio Fragliasso e Rosa Volpe, domani è attesa la convalida del fermo spiccato domenica mattina. Difeso dal penalista Rocco Maria Spina, Galasso si è consegnato ai carabinieri e ha ammesso di aver ammazzato Raffaele Perinelli, sostenendo però di aver agito per difendersi da un'aggressione, sull'onda di un crescendo di paura.
Indagini a confronto, l'aggravante della premeditazione è al vaglio degli inquirenti.

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