L'appello della zia della bimba ferita: «Ho visto il killer fuggire, ora salvate la mia Noemi»

L'appello della zia della bimba ferita: «Ho visto il killer fuggire, ora salvate la mia Noemi»
di Daniela De Crescenzo
Domenica 5 Maggio 2019, 08:30 - Ultimo agg. 08:31
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«Dopo la sparatoria Noemi era bianca in volto, aveva gli occhi sbarrati, non parlava, io e mia sorella l'abbiamo portata nel bagno del bar Elite per sciacquarle il viso e solo allora ci siamo accorti che una macchia di sangue le imbrattava la maglietta. Le abbiamo sfilato la t-shirt e abbiamo visto il buco del proiettile. Abbiamo chiesto aiuto. Sono arrivati tutti quelli che si trovavano nel locale, poi finalmente abbiamo sentito l'ambulanza». Jessica è la zia di Noemi, la bimba ferita nell'agguato di piazza Nazionale. È sola nella casa di Poggioreale dove abita con i genitori a poche centinaia di metri dalla sorella e dalla nipote. Parla tra le lacrime, senza staccarsi dallo schermo del televisore da cui aspetta notizie della bambina ricoverata al Santobono. È rimasta con la nipotina più piccola, la sorellina di Noemi, mentre tutto il resto della famiglia resta in ospedale. È stravolta dall'ansia e non riesce a cancellare dalla mente le immagini dell'agguato che ha rischiato di strapparle la nipote.

Cosa è successo in piazza Nazionale?
«Noi eravamo andate in centro per bere un caffè e far prendere un po' d'aria alle bambine. C'ero io con mia sorella, mia mamma, mio padre e le mie nipotine. Eravamo appena usciti dalla macchina e io ero passata al marciapiede che si trova di fronte al bar Elites. Mia madre stringeva la mano di Noemi mentre mia sorella era già entrata nel bar portando in braccio la bimba più piccola. All'improvviso ho sentito gli spari».
 
Cosa ha visto?
«L'assassino che rincorreva la vittima. Quello è fuggito verso il centro della piazza, il killer ha cercato di inseguirlo, poi fortunatamente gli si è inceppata la pistola. Ma le immagini che conservo sono confuse, dopo i primi proiettili si è scatenato il panico, non si capiva più niente».

Si è detto che la sua famiglia conoscesse Salvatore Nurcaro, il probabile obiettivo dell'agguato. È vero?
«Assolutamente no. Noi non sappiamo chi fosse quell'uomo e in ogni caso non frequentiamo quell'ambiente. La mia è una famiglia tranquilla che come tante in un pomeriggio quasi di festa era uscita per bere un caffè. E invece adesso siamo tutti a piangere con il terrore che Noemi possa non riprendersi».

Una famiglia come tante?
«Certo, mio cognato, il padre di Noemi, gestisce una salumeria, non se la passa male. Fino al momento della sparatoria ci siamo sempre ritenute persone fortunate».

Anche sua madre è stata ferita?
«Sì ma di striscio, ma ha subito voluto lasciare l'ospedale per raggiungere mia sorella e la sua bambina. Non poteva restare in corsia con il pensiero della nipotina che combatte contro la morte».

Ha visto la bambina?
«Solo un attimo quando l'hanno portata dalla camera operatoria alla rianimazione: era terrea. Poi sono tornata a casa per badare alla bimba più piccola. Tra poco arriverà un'amica e io potrò raggiungere il resto della famiglia in ospedale. Non ce la faccio più a restare in casa, l'ansia mi sta divorando».

Noemi va a scuola?
«Sì certo, va all'asilo a pochi passi da casa. È una bambina tranquilla, serena, spero che non abbia capito quello che è successo, magari non ha visto le pistole».

Mentre parla della nipote, Jessica si gira e ne mostra il volto sorridente: una grade foto della bambina con un enorme cappello e il viso fragile campeggia sul muro. La zia la guarda orgogliosa e spiega: «Noi siamo gente qualunque. E ci stiamo trovando a vivere una tragedia. Ma queste sono cose che non dovrebbero capitare alle persone normali che vorrebbero vivere in una città normale».
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