Napoli, studente ucciso dalla bufera: «Il mio Davide sognava di diventare ingegnere»

Napoli, studente ucciso dalla bufera: «Il mio Davide sognava di diventare ingegnere»
di Nico Falco
Martedì 30 Ottobre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 13:28
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Nell'androne dell'ospedale San Paolo il padre di Davide, Giovanni Natale, sembra una tigre in gabbia. Avanti e indietro, senza sosta, fin quasi a consumare il pavimento, mentre inghiotte a forza rabbia e singhiozzi. Cerca di mantenere il polso della situazione, ma è impossibile per un uomo che ha appena saputo che il figlio non c'è più.

Si è infilato in auto e con una corsa folle è schizzato a Napoli da Caserta, era convinto che il ragazzo fosse solo rimasto ferito. Stefania, la madre di Davide, è seduta sulla panchina, lo sguardo nel vuoto e un fazzoletto ad asciugare le lacrime che non smettono di scendere dagli occhi rossi. Lui funzionario della Regione Campania, lei promotrice finanziaria, un'altra figlia di 18 anni che è rimasta a casa e che ancora non sa nulla di quello che è successo, della tragedia che si è abbattuta sulla loro famiglia. «Non beveva, non fumava, era un ragazzo a posto ripete tra i denti Giovanni ma come è possibile che si debba morire per andare a studiare?».
 
Quella di ieri sembrava una giornata come tante, col ragazzo che partiva da San Nicola la Strada per seguire nella Facoltà di Ingegneria di via Claudio, a Fuorigrotta, e poi ritornava in autobus fino a casa. «Mi ha telefonato di mattina racconta il padre per dirmi che mi aveva mandato un file su Whatsapp in cui c'erano appuntate delle partite di basket, per chiedermi di controllare chi fossero gli arbitri in quella in cui lui avrebbe dovuto fare l'ufficiale di gara». Perché il giovane studente, che fino all'anno scorso aveva giocato anche nella LBL Caserta, pur avendo smesso di palleggiare sul campo non si era allontanato del tutto da quel mondo che era la passione anche del padre e della sorella Noemi. Da qualche tempo faceva l'ufficiale di gara per guadagnare qualche soldo, mentre continuava l'università. Avrebbe voluto lavorare nella progettazione delle automobili, Davide, seguendo l'altra sua passione, quella per le Lamborghini. E chissà che, dopo il suo percorso di studi in Ingegneria Meccanica, non avrebbe davvero firmato una di quelle macchine da sogno. «Ci siamo salutati conclude Giovanni Natale e mi ha detto che avrebbe finito alle 16.30 e che un'ora dopo ci saremmo visti a casa».

Qualche ora dopo a Giovanni Natale arriva un altro messaggio. È il ragazzo con cui il figlio condivide il tragitto per tornare a casa. Gli dice che c'è stato un incidente, che il vento ha buttato giù un albero e che il figlio è stato travolto. «Erano le 16.30 circa ricorda l'orario in cui Davide esce dall'università e va a prendere l'autobus. Mi ha scritto che era stato portato al Pronto Soccorso e che sarei dovuto andare, ma senza dirmi che era rimasto ucciso. Ho preso subito l'automobile e sono venuto a Napoli di corsa, volevo vederlo per assicurarmi che stesse bene. Quando sono arrivato in ospedale, però, ci ho trovato i carabinieri. Mi hanno detto che erano stati loro a dire al ragazzo di non informarmi, per darci quella notizia di persona. Non sappiamo come sia successo né perché, adesso pensiamo a come dirlo alla sorella, che ancora non sa nulla». Mentre il telefono non smette di squillare, uno dei carabinieri si avvicina a Giovanni Natale. Il magistrato Catello Maresca attende nella caserma a Fuorigrotta dove è stato già sentito il ragazzo che ha assistito al crollo dell'albero. Afferra il sacco nero dove ci sono lo zaino e gli effetti personali del ragazzo e si avvia coi militari. La madre di Davide lo segue qualche passo più indietro. «Era un ragazzo eccezionale - dice la signora - era intelligente, studioso, senza nessun vizio. E adesso non c'è più».

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