Carovita, in diecimila da tutta Italia a Napoli: «Non paghiamo la vostra guerra»

Carovita, in diecimila da tutta Italia a Napoli: «Non paghiamo la vostra guerra»
di Alessio Liberini
Sabato 5 Novembre 2022, 23:00 - Ultimo agg. 6 Novembre, 07:05
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Sono arrivati a Napoli da ogni Regione d’Italia per manifestare contro il carovita, la guerra, la crisi climatica e ogni tipo di disuguaglianza sociale. Dopo i cortei di Firenze e Bologna anche nel capoluogo campano è andata così in scena la mobilitazione nazionale dal emblematico nome «Insorgiamo». Circa 10mila i manifestanti che hanno preso parte alla grande marcia, partita nel primo pomeriggio da piazza Garibaldi e giunta, a suon di cori, fumogeni e azioni di protesta fino all’esterno del Comune partenopeo in piazza Municipio. Alla testa del corteo, che ha sfilato lungo porta Nolana e via Marina, un grande striscione che riassume in uno slogan i motivi della protesta: «Non paghiamo guerra, carovita e disoccupazione».

A promuovere la mobilitazione sono stati i disoccupati cittadini del Movimento 7 Novembre e del Cantiere 167 di Scampia insieme ai metalmeccanici toscani del Collettivo di fabbrica Gkn, SiCobas, diverse realtà aderenti a Friday For Future e ai movimenti per il diritto all'abitare. 

«È una piazza che non vuole parlare a sé stessa – spiega Eduardo Sorge, portavoce del Movimento 7 novembre – il nostro è un appello verso chi, lavoratori o disoccupati che siano, sta pagando il costo della loro guerra, del loro carovita e della loro crisi perché dobbiamo alzare la testa: oggi siamo in migliaia».  «Questa piazza unitaria – chiarisce Omero Benfenati, del Cantiere 167 di Scampia - rivendica diritti sacrosanti.

A partire dal lavoro ma soprattutto dal diritto al vivere».

Diverse le azioni di protesta che si sono alternate per tutto il corso della manifestazione. I primi, in ordine di tempo, sono stati i ragazzi del movimento ambientalista Friday For Future che hanno inscenato un sit-in all’esterno del Molo Carlo Pisacane del Porto di Napoli, blindato per l’occasione da numerosi agenti delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. Qui è stato esposto un grande striscione contro le politiche anti immigrazione: «Oggi in nave domani a nuoto» è il testo dello stesso. Mentre, contemporaneamente, alcuni antagonisti hanno scritto sull’asfalto dell’arteria stradale, a ridosso del varco portuale, «fermate il cambiamento climatico».

«Il nostro messaggio è rivolto ai soggiornanti delle grandi navi che sono qui – motiva la portavoce nazionale di Fridays for Future, Michela Spina – per dirgli che il lusso dovrebbe essere un diritto di tutti. Contestualmente vanno affrontate anche le soluzioni sul tema immigrazione: chiudere i porti non è una soluzione ma solo una deviazione. Crediamo che deve diventare un tema centrale del dibattito politico dal momento che la crisi climatica porterà ad avere altre migrazioni». 

Sempre lungo via Marina si sono verificate altre tensioni. Ad essere presi di mira alcune sedi di Enel e del Banco di Napoli, imbrattate con vernice e lancio di fumogeni e petardi, mentre successivamente è andato in scena anche un rogo di bollette. «Abbiamo aderito all’appello lanciato dai disoccupati di Napoli – chiarisce Francesco Tramontano, coordinatore in Campania del movimento Non paghiamo – perché loro sono stati i primi a bruciare le bollette portando in Italia ciò che è nato nel Regno Unito. Oggi convergiamo per mettere in piazza tutti insieme questa enorme crisi che non riguarda solo la destra o la sinistra, ma colpisce la popolazione sempre più povera. Noi vorremmo lo stop alla domiciliazione bancaria delle bollette, perché ogni volta possiamo decidere se pagare o no, ma le risposte mancano. Nei mercati di tutto il Paese abbiamo parlato con persone che non possono pagare e la verità è in una recente inchiesta in cui 5 milioni di persone devono scegliere se mangiare o pagare le bollette». 

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A far sentire la propria voce di dissenso sono stati anche i tantissimi studenti presenti in piazza che hanno chiesto, ancora una volta, l’abolizione dell’ex alternanza scuola-lavoro. La stessa che ha visto morire, in soli 8 mesi, tre scolari che si trovavano ad affrontare stage non retribuiti. Inscenando un flashmob all’esterno di un dipartimento dell’Università Federico II presente lungo il loro percorso. Qui alcuni studenti si sono stesi sull’asfalto simulando una scena del crimine “condita” dall’apertura di uno striscione che lascia poco all’immaginazione: «La formazione secondo lo stato. Morte sfruttamento e precariato». Promuovendo, nei fatti, una nuova mobilitazione studentesca cittadina per il prossimo 18 novembre. «Vogliamo una risposta reale da questa Regione sul diritto allo studio – dice Sara Monti, coordinatrice dell’Unione degli studenti della Campania - uno studente su cinque abbandona la scuola prematuramente in Campania. Allo stesso tempo vediamo che il mondo del lavoro continua a schiacciarci. La buona scuola del 2016 è la responsabile, insieme allo Stato, della morte di tre ragazzi: Lorenzo, Giuseppe e Giuliano, morti durante le ore curriculari di scuola». 

 

Nel mentre il lunghissimo corteo è giunto così, tra azioni di protesta di ogni ordine e grado, in piazza Municipio. Dove è stato letteralmente assediato l’ingresso di Palazzo San Giacomo. Sulla facciata del Comune sono apparse, tramite delle installazioni laser, diverse scritte contro Giorgia Meloni. Mentre, torce, fumogeni e persino fuochi pirotecnici hanno fatto da sfondo ai tanti cori di dissenso riservati, tra i vari, al governatore della Campania, Vincenzo De Luca, e al primo cittadino di Napoli, Gaetano Manfredi. La mobilitazione si è così pian piano sciolta con gli organizzatori che hanno rilanciato uno sciopero generale per il 2 dicembre e una mobilitazione nazionale a Roma per il giorno seguente, 3 dicembre, 

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