Furti, coltelli e social: la vita del baby boss che ha ferito i “rivali” a Marechiaro. Era entrato in comunità di recupero

Furti, coltelli e social: la vita del baby boss che ha ferito i “rivali” a Marechiaro. Era entrato in comunità di recupero
di Leandro Del Gaudio
Martedì 17 Maggio 2022, 22:59 - Ultimo agg. 18 Maggio, 18:00
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Era stato protagonista di un episodio simile. Aveva aggredito alcuni coetanei all’interno di un centro commerciale alle porte di Napoli. Ed era stato segnalato alle forze dell’ordine, finendo al centro di un programma di recupero coordinato dalla Procura minorile. Quando non era ancora imputabile, quindi prima di aver compiuto quattordici anni, era stato coinvolto in una vicenda di ricettazione, in relazione al furto di una Panda, nel corso di un intervento rispetto al quale era stato trovato in possesso di un’arma da taglio. Un coltello, una lama, qualcosa da cui non staccarsi mai, neanche fosse il prolungamento del proprio corpo o un accessorio da portare sempre con sè. 

Per lui si erano mossi gli assistenti sociali, che lo avevano inserito in un progetto di formazione di ampio respiro che era riconducibile allo spaccato metropolitano di sua provenienza: uno studio sulle vele di Scampia, il progetto di recupero visto da un ragazzino di sedici anni.

Tutto inutile, fatica sprecata verrebbe da dire con una buona dose di pessimismo. Parliamo del ragazzino che domenica scorsa ha accoltellato - rischiando di uccidere - due suoi coetanei nel corso di una lite scoppiata per futili motivi. Una lite nata sui social nove mesi fa, che si è trasformata in vita reale domenica quando il ragazzino ha deciso di impugnare il coltello per ammazzare i due rivali, lì sugli scogli di Marechiaro. 

Cosa ha scatenato un simile travaso di violenza? Un like, l’icona di un cuoricino, rivolta al post di una ragazzina contesa, che ha sedimentato odio tra esponenti di comitive differenti. Ma torniamo alle indagini sul 16enne. Oggi è atteso dinanzi al gip Paola Brunese, per la convalida del fermo scattato due giorni fa, grazie al lavoro del pm Emilia Galante Sorrentino, al termine delle verifiche condotte dalla Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini

Eccolo il sedicenne, che oggi attende la convalida del fermo. Da quarantotto ore è in cella, grazie alle indagini della Procura dei minori di Napoli, con l’accusa di duplice tentato omicidio, con tutto il peso di precedenti specifici in materia di risse e aggressioni. È il figlio di un boss dell’area nord di Napoli. Il padre sta scontando l’ergastolo come boss e mandante di un omicidio ed è attualmente detenuto al carcere duro. Cresciuto nel mito della violenza, viene descritto dagli operatori e dagli inquirenti come un soggetto incapace di frenare la rabbia, incapace di contenere la violenza. La sua vita assomiglia a quella di tanti altri suoi simili, qui a Napoli. Dinanzi ai pm è apparso sfrontato, finanche infastidito, tutt’altro che desideroso di chiarire quanto accaduto domenica scorsa. Oggi, avrà la possibilità di smentire le accuse, di sostenere la sua tesi difensiva, in una vicenda che sa maledettamente di già visto. 

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Ma chi sono quelli cresciuti nel mito dei coltelli? Ecco i loro profili. Non lavorano, non studiano, amano la palestra, i tatuaggi, le armi e i social. Vite drammaticamente banali quelle messe in rilievo dall’inchiesta su quanto avvenuto domenica pomeriggio a Posillipo. C’è il figlio del boss e i suoi amici. Un sedicenne capobranco, circondato da altri coetanei, tutti con le stesse caratteristiche: vivono per postare sui social, abitano in una realtà nevrotica come i tikTok che ingolfano il loro cellulare. Eccolo il sedicenne fermato due giorni fa, per il duplice tentato omicidio di Posillipo. Secondo la Procura di Napoli è un soggetto pericoloso, che non ha esitato ha impugnare il coltello per uccidere, visto che ha puntato all’addome dei suoi “avversari”, senza alcuna remora sulle conseguenze del suo gesto. E c’è un punto fermo nella ricostruzione della pubblica accusa nei confronti del 16enne ora ristretto nel carcere minorile di Nisida: domenica pomeriggio era uscito di casa per andare al mare.  

Dalla zona di Miano e Secondigliano a Posillipo, in sella agli scooter con un coltello in tasca. Aveva portato con sè un pugnale con la stessa semplicità con cui una persona comune impugna un telefonino cellulare o un altro accessorio della vita quotidiana. È uscito armato, senza un obiettivo preciso. Sapeva che la sua giornata poteva essere scandita da tarantelle, quelle che ti obbligano - secondo codici di comportamento distorti - intervenire nel modo peggiore, quando per te e gli amici, le cose si stanno mettendo male. 

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