Molo San Vincenzo, il piano di recupero del Movimento Neoborbonico

Molo San Vincenzo, il piano di recupero del Movimento Neoborbonico
di Antonio Folle
Domenica 27 Settembre 2020, 11:43 - Ultimo agg. 14:18
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Una passeggiata a mare di oltre due chilometri che “taglia” parte del golfo di Napoli. Una lunghissima camminata in luoghi che hanno fatto la storia di Napoli e che attendono solo di essere riscoperti. Il molo San Vincenzo, oggi in parte di competenza della Marina Militare e in parte dell’Autorità Portuale, per secoli è stato uno dei punti “nevralgici” della città vicereale prima e della capitale del regno di Napoli poi. Qui aveva sede la Real Marina del Regno delle Due Sicilie, si varavano navi, si fondevano cannoni e si muoveva l’immenso e variopinto mondo che ruotava attorno ad una delle marinerie che, nella seconda metà dell’ottocento, avrebbe messo in seria discussione il predominio della Francia e dell’Inghilterra nel Mediterraneo.

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Nel 1840 i Borbone diedero il via alla costruzione del molo San Vincenzo come lo conosciamo oggi ma già da un anno la costruzione e il varo delle grandi unità era stato “delocalizzato” nella vicina Castellammare di Stabia. L’ultima grande nave ad essere varata direttamente nel porto di Napoli, infatti, fu la fregata Regina, una unità entrata in servizio nel 1842 sotto le insegne della Real Marina Borbonica e radiata nel 1870 – un vero e proprio record di durata per una nave in legno – sotto la bandiera della Regia Marina Italiana, a riprova delle ottime qualità nautiche e dell’efficienza dell’arsenale napoletano.

Nel 1852 il re Ferdinando II inaugurò il “bacino di raddobbo”, un enorme bacino di carenaggio in muratura che avrebbe proiettato il regno delle Due Sicilie nel futuro. Il bacino napoletano, infatti, era il primo bacino completamente in muratura costruito in Italia e i diversi dipinti commissionati al celebre Salvatore Fergola ancora oggi mostrano la gioia festante di un regno che si stava lentamente ritagliando il suo posto nel consesso delle grandi Nazioni.

Gli eventi del 1860 e la caduta del regno partenopeo segnarono la progressiva perdita di importanza – almeno dal punto di vista militare – del porto di Napoli a scapito delle basi navali di Taranto, Ancona e La Spezia. Il traffico delle grandi navi commerciali e militari battenti bandiera gigliata fu sostituito, pochi anni dopo la fine del regno, da un altrettanto corposo traffico marittimo, quello delle migliaia di emigranti che decidevano di lasciare per sempre la loro terra.
 

 

Oggi sono tanti i progetti di recupero e riconsegna alla città di un pezzo importante della sua storia. Poli didattici e museali, grandi passeggiate con vista golfo e fin anche centri commerciali. Progetti che, però, sembrano di difficile realizzazione anche a causa delle notevoli difficoltà burocratiche e tecniche che emergono ad ogni incontro tra le parti – Comune, Regione, Autorità Portuale e Marina Militare – interessate alla rifunzionalizzazione di una parte così importante della città di Napoli.

Uno degli ultimi progetti lanciati in ordine di tempo è quello del Movimento Neoborbonico che, in attesa che le lungaggini burocratiche per l’eventuale apertura al pubblico del molo San Vincenzo siano superate, ha proposto il recupero dei circa 20 cannoni di epoca borbonica che sono custoditi a due passi dal piazzale che ospita la statua di San Gennaro in atto di benedire la città.

«Già qualche anno fa – spiega Gennaro De Crescenzo del Movimento Neoborbonico – ci siamo interessati per il recupero di quei cannoni che provengono in parte dalla flotta napoletana incendiata nel 1799, quando i francesi invasero il regno di Napoli. I napoletani hanno un amore ancestrale per il mare e per tutto quello che riguarda le navi, specie quando si parla dei tragici eventi che portarono alla semi-distruzione della flotta napoletana all’arrivo dei rivoluzionari francesi. Per questo crediamo che sia importante restituire ai napoletani queste importanti testimonianze del passato. Noi, come Movimento Neoborbonico, siamo a disposizione, anche gratuitamente, con le istituzioni che vorranno mettersi in contatto con noi e creare una partnership per il bene del molo San Vincenzo e di Napoli». 
 
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L’associazione I Sedili di Napoli, presieduta da Giuseppe Serroni, ha invece lanciato l’idea di un grande parco storico-tematico: «Pensiamo che per recuperare e restituire ai napoletani quell’area sia opportuno creare un grande parco a tema.
All’interno del molo San Vincenzo ci sono spazi che si presterebbero a creare sale convegni e sale eventi, senza, ovviamente, intaccare le competenze e gli spazi che appartengono alla Marina Militare. Crediamo che riaprire ai napoletani il molo San Vincenzo sia una opportunità di sviluppo anche economico per l’intera città».

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