Un gesto di sfida. Il murale dedicato a Vincenzo Di Napoli, uno dei componenti del gruppo di fuoco che nel 2015 uccise l'innocente diciassettenne Genny Cesarano, ha la pittura ancora fresca. Quasi un segnale di guerra - segnalano i carabinieri - dopo che in città è diventata alta l'attenzione su questi simboli anche grazie alle inchieste del Mattino e all'impegno del prefetto Valentini, della Procura e delle forze dell'ordine. Il murale - come raccontato ieri dal nostro giornale - è comparso a Miano e ricorda uno dei giovanissimi del gruppo di fuoco che nel 2015 partecipò alla stesa alla Sanità e dove fu freddato il piccolo Genny. Vincenzo Di Napoli era anche lui un ragazzo giovane, 25 anni, ucciso - secondo quanto raccontato dai collaboratori di giustizia - dal suo stesso clan che temeva un suo pentimento. Vittime tutte giovani, ma non tutte uguali. Eppure il confine sembra assai labile in città quando si tratta di omaggiare un criminale o una vittima innocente, come se ogni vita non avesse comunque una storia diversa.
A segnalare il murale sorto a Miano è stato il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli che ha così subito attivato il comando provinciale dei carabinieri che ora vogliono vederci chiaro su chi ha dipinto quell'opera.
Eppure la battaglia intrapresa dallo Stato - su input della Prefettura - prosegue. Dopo la rimozione negli ultimi giorni di altarini e scritte a San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno e Cercola, già domani altre operazioni di rimozione di omaggi alla criminalità potrebbero interessare il centro storico di Napoli. La strada è ormai tracciata e sono almeno 40 le opere censite dal Comitato di ordine e sicurezza pubblica, insieme al Comune, da buttare giù. Resterà invece fino al giudizio del tar del prossimo aprile il murale per Ugo Russo ai Quartieri Spagnoli.