Napoli, nuovo raid al ristorante italo-rom di Scampia: «Ma noi non ci arrendiamo»

Foto di gruppo dei sostenitori di Chikù
Foto di gruppo dei sostenitori di Chikù
di Gennaro Morra
Venerdì 29 Novembre 2019, 06:30 - Ultimo agg. 08:01
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Un nuovo raid al ristorante Chikù di Scampia è avvenuto qualche notte fa, a un anno di distanza dall’ultimo episodio del genere subito dal locale gestito da italiani e rom. Stavolta i vandali, oltre a mettere a soqquadro gli ambienti, hanno portato via l’impianto audio e un computer ma anche cose di poco conto, come per esempio un provolone. Molto probabilmente si tratta di un’altra azione di “disturbo” portata nei confronti di un luogo che in quella zona dà fastidio a chi non crede alla contaminazione e alla pacifica convivenza di etnie diverse. Infatti, aperto nel 2014, Chikù nasce dall’idea di far lavorare insieme donne napoletane e rom, ma anche con l’intento d’istituire, in un territorio disagiato in cui la presenza delle persone di quell’etnia non è ben accetta, uno spazio dove potessero incontrarsi e dialogare culture e idee diverse.

Un lavoro pedagogico, culturale e sociale che l’associazione Chi rom e…chi no svolge da quasi 20 anni e che ha trovato nel ristorante etnico, creato insieme all’impresa sociale La Kumpania, la giusta sintesi: una realtà concreta e dinamica in cui intraprendere percorsi di gastronomia italo-balcanica, ma anche di emancipazione professionale ed economica; un’idea imprenditoriale la cui valenza innovativa, nonché sociale e culturale, ha portato anche alla conquista di diversi premi internazionali.

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Perciò Chikù non è semplicemente un ristorante etnico, come ce ne sono tanti in città, ma è un presidio di legalità e normalità che Scampia non può perdere. E le donne che ci lavorano e lo gestiscono non hanno nessuna intenzione di gettare la spugna di fronte all’ennesimo atto vandalico subito: «Noi non ci arrendiamo e stasera diamo appuntamento a tutti gli amici, i membri della nostra comunità che per fortuna è coesa e solidale, a stringersi intorno a noi per non farci sentire soli – dichiara Barbara Pierro, presidente di Chi rom e…chi no e socia de La Kumpania, annunciando l’apericena fissata alle 19 –. Chi è venuto a derubarci non è un nostro nemico, ma uno dei motivi che ci fa insistere a restare in questo quartiere da ormai 20 anni».
 
Un episodio che la Pierro ascrive al degrado che a Scampia è di nuovo crescente: «Si tratta di persone allo sbando, che non hanno prospettive per colpa di politiche inadeguate che non garantiscono alcuna possibilità ai ragazzi del quartiere, che vivono in un contesto dov’è tornata forte la recrudescenza della vita sociale». Un decadimento figlio di promesse disattese: «Da dieci anni Scampia aspetta l’insediamento dell’università, tante volte annunciato e rinviato – insiste ancora la presidente di Chi rom e… chi no –. E aspetta la riapertura dell’auditorium, che già in passato ha dimostrato di poter essere un centro di proposta culturale capace d’invertire l’esodo delle persone, attirandole dal centro della città verso la periferia in virtù dell’alta qualità degli eventi proposti».
 
E in quest’enorme vuoto le realtà del terzo settore sono l’unico baluardo contro la completa deriva: «Insieme alla nostra associazione ci sono altre organizzazioni che svolgono un lavoro enorme sul territorio e che fanno da argine al dilagare del disagio sociale, dell’aggressività, della violenza e di altri fenomeni criminali – conclude la Pierro –. Esperienze che rendono Scampia un quartiere all’avanguardia, ma poi progetti inconcludenti e poco lungimiranti non danno le risposte attese e ne ritardano il completo riscatto».

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