Vincenzo Costanzo ucciso durante la festa scudetto, la vendetta del calciatore pistolero

Mediano del Portici, già nelle giovanili dell'Inter, assoldato per la rappresaglia dopo l'omicidio del figlio del boss

Il luogo dell'omicidio di Vincenzo Costanzo
Il luogo dell'omicidio di Vincenzo Costanzo
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 18 Maggio 2023, 23:44 - Ultimo agg. 20 Maggio, 16:16
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Una promessa del calcio locale, che - in un recente passato - ha fatto parte delle giovanili dell’Inter. Un mediano capace di costruirsi una carriera grazie alla propria dedizione allo sport, al senso del sacrificio mostrato negli incontri ufficiali e negli allenamenti. Una sorta di classica favola bella di chi, solo grazie ai polmoni e alla capacità di stare “lì nel mezzo” (per dirla con un classico di Luciano Ligabue), era riuscito a lasciarsi alle spalle la mala Ponticelli, le faide di camorra, le vendette infinite. E invece la favola bella di Gaetano Maranzino si è interrotta poche ore dopo la conquista dello scudetto da parte del Napoli, quando - in una delle piazze centrali partenopee - si sono confusi i generi: la gioia, la commozione di tanti, ma anche l’odio e la rappresaglia criminale che culmina nell’omicidio di Vincenzo Costanzo, il 26enne trucidato la notte del 5 maggio in piazza Carlo III.

Un delitto che ha scatenato l’immediata risposta da parte di chi era cresciuto nel mito di Costanzo, noto come “Ciculillo” nel quartiere di Napoli est. Parliamo di Gaetano Maranzino, 23enne, promessa del calcio locale. È stato arrestato qualche giorno fa dai carabinieri come presunto responsabile degli spari in piazza Volturno, a poche ore di distanza e nello stesso luogo in cui era stato consumato l’omicidio di Vincenzo Costanzo: una stesa, spari esplosi in aria a scopo dimostrativo. Non è l’unico ad essere stato arrestato. In manette anche Matteo Nocerino, suo stretto congiunto, ritenuto complice di Maranzino nella spedizione dimostrativa alla quale hanno preso parte altri due elementi rimasti per il momento ignoti. 

Ma perché conviene soffermarsi sulla storia di Gaetano Maranzino? Perché la sua sembrava la classica vicenda a lieto fine, di riscatto da un quartiere difficile, di affermazione individuale grazie a valori sani: Maranzino infatti aveva militato nelle giovanili dell’Inter; da qualche tempo, era in forza al Portici, in serie D, società che ha sfornato non pochi campioni.

Un contratto in tasca da 30mila euro all’anno, un ruolo di mediano che ti assicura anche una carriera lunga sui principali campetti regionali. Un sogno diventato realtà, che si è interrotto nella lunga notte napoletana, al triplice fischio di Udine, che sancisce la vittoria del terzo scudetto del Napoli. Ricordate come sono andati i fatti? Vincenzo Costanzo lascia Ponticelli, per andare a festeggiare la vittoria del Napoli, al centro della città. Si ritrova in piazza Carlo III, assieme alla fidanzata e a due amici. Viene crivellato di colpi. Ma chi è la vittima? Restiamo all’informativa di pg firmata dalla Mobile, alla luce degli atti calati al Riesame dalla Procura di Napoli: Costanzo viene indicato come una sorta di soggetto emergente, pronto a usare le armi per rimarcare il proprio territorio. 

È in questo scenario che pesano le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Rosario Rolletta: «Negli anni che vanno dal 2014-2015, Ciculillo apparteneva ai D’Amico-Fraulella, aveva compiti diversi, tra cui estorsioni, sparatorie e altro. Cicullo ha sparato sia a me che a mio fratello Valerio, vendeva droga e rubava motorini». Poi c’è un altro passaggio del verbale del pentito: «È il referente del clan D’Amico nel Conocal, per il controllo del quale ci sono state tante stese reciproche tra i D’Amico e i De Martino. Anche io ho provato a sparare al suo indirizzo per ucciderlo...».

 

Ma torniamo alla storia degli arresti di Nocerino e Maranzino. Difesi dal penalista napoletano Luca Mottola, i due indagati sono stati riconosciuti da un agente di polizia libero dal servizio, che li ha inseguiti fino all’intervento notturno dei carabinieri. I due avevano in pugno una pistola rubata negli uffici di polizia municipale di Frattamaggiore (furto di 14 pistole e centinaia di proiettili), mentre montavano in sella a uno scooter che era stato rapinato nei pressi del centro direzionale poche ore prima. Dinamiche criminali che si inseguono e che si sovrappongono, come emerge dalle carte depositate agli atti dalla Procura di Napoli. Due presunti pistoleri in giro armati, decisi a fare fuoco nella stessa piazza dove il giorno prima era stato ucciso il presunto boss emergente. Armi facili, scooter rubati, esattamente come avvenuto a un ingegnere colpito alle gambe per essersi opposto a due rapinatori armati (entrambi probabilmente di Ponticelli). Uno scenario destinato ad avvelenare anche la favola bella di chi aveva assaporato - grazie al proprio lavoro - momenti di gloria autentica, lì nel mezzo con la maglia da mediano. 

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