Agguato al «re della Giamaica», così l'affare cannabis scatena i clan del Napoletano

Agguato al «re della Giamaica», così l'affare cannabis scatena i clan del Napoletano
di Dario Sautto
Venerdì 13 Settembre 2019, 12:00 - Ultimo agg. 15:38
3 Minuti di Lettura

La gestione dell'affare milionario delle piantagioni di canapa indiana continua a mietere vittime. Questa è la pista principale battuta dagli investigatori, che da poco più di ventiquattr'ore indagano sull'omicidio eccellente di Antonino Di Lorenzo, 53 anni, pregiudicato di Casola di Napoli soprannominato «'o lignammone», ritenuto il più importante broker della marijuana nella «Giamaica dei monti Lattari». Un lembo di territorio boschivo, tra Gragnano, Casola, Lettere e Pimonte, controllato da diverse famiglie di narcos, esperte di montagna e capaci di trasformare quelle colline in uno dei più importanti centri di produzione di droga in accordo con i clan di camorra.
 
Mercoledì sera Di Lorenzo, sottoposto all'obbligo di dimora nella sua abitazione di Casola con rientro alle 21, era fuori al cancello di casa a via Giovanni Del Balzo, quando è stato raggiunto da una prima fucilata alla schiena. Almeno quattro colpi calibro 12 sono stati esplosi, l'ultimo tra nuca e volto, per sfigurarlo e per mandare un messaggio agli uomini di fiducia della vittima. Mentre i killer fuggivano in moto, il primo ad uscire in strada è stato il figlio del 53enne. Più che un agguato, si è trattato di un'imboscata, con il marchio che sembra ormai inconfondibile ed è stato visto in tutti gli ultimi omicidi avvenuti in zona. L'anno scorso, a maggio, fu ucciso a Pimonte a fucilate Filippo Sabatino, ritenuto l'autista di Ciccio Di Martino, scarcerato pochi mesi prima. Andando a ritroso, a ottobre 2017, si torna a Lettere: la vittima fu Ciro Orazzo, l'ex socio di Di Lorenzo, caduto in un'imboscata mentre tornava a casa, anche lì con fucilate calibro 12. Ancora un passo indietro all'autunno 2016 e si torna a Casola: vittima fu Pasquale Starace, ritenuto in contrasto con Orazzo e ammazzato in piazza.

Tutti omicidi che sembrano avere un unico collegamento con l'affare canapa indiana, con la gestione degli introiti che fa gola ai clan di camorra come ai vari gruppi di narcos presenti sui Lattari. I clan Di Martino e Afeltra innanzitutto, i D'Alessandro loro alleati, ma anche i vari gruppi familiari - come quelli rappresentati da Orazzo e Di Lorenzo, e sempre a Casola dai Cuomo - che hanno storicamente avuto voce in capitolo. L'operazione «tabula rasa», iniziata nel 2016 e condotta in prima linea dai carabinieri della stazione di Gragnano, punta dritta a stroncare il fenomeno delle piantagioni illegali, con sequestri che sono costati mancati incassi per 50 milioni di euro.

L'inchiesta punta dritto sui dissidi economici legati all'affare marijuana. Un business importante, che parte praticamente a costo zero e coinvolge agricoltori, pastori e boscaioli. Sono loro i «custodi» delle coltivazioni illegali nei boschi dei Lattari e rivendono ogni pianta di cannabis essiccata a 500 euro al chilo. La droga grezza costa ai broker come Di Lorenzo appena 50 centesimi al grammo, per arrivare alle forniture ai pusher a 3 euro e la vendita nelle piazze di spaccio che costa all'acquirente da 5 a 10 euro per ogni grammo di marijuana.

E se i controlli delle forze dell'ordine - come avvenuto negli ultimi anni - diventano asfissianti, la produzione viene delocalizzata: nel Cilento, nel Casertano, in Abruzzo e in Puglia, ma sempre con gli esperti narcos dei Lattari a gestire le varie fasi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA