Napoli, l'ospedale Cardarelli e le ambulanze dei clan: «Tutto vero, sono pronto a fare i nomi»

Napoli, l'ospedale Cardarelli e le ambulanze dei clan: «Tutto vero, sono pronto a fare i nomi»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 22 Luglio 2019, 23:00 - Ultimo agg. 23 Luglio, 13:14
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«Lavorare al Cardarelli? È impossibile. E ben venga l’inchiesta della Dda sulle ambulanze in odore di camorra al Cardarelli, sono pronto a denunciare, mi auguro che al più presto un magistrato mi ascolti sullo scandalo delle croci dentro e fuori alcuni ospedali». Parla con determinazione Guido Bourelly, amministratore dell’omonimo gruppo che dal 1957 si occupa anche di trasporto di pazienti in ospedale.
 
Ha letto dal Mattino la notizia dell’inchiesta condotta dalla Dda (indaga il pm Alessandra Converso) sui presunti contatti clandestini tra personale interno al Cardarelli e alcuni manager di ambulanze e si dice pronto a fare nomi su un sistema bollato come «corrotto e privo di controlli».

Un’inchiesta su strani monopoli in cui è stato sentito come testimone il dirigente Asl Ciro Verdoliva: qual è il suo giudizio?
«Per me, per il mio gruppo, lavorare al Cardarelli è impossibile. Non mi riferisco solo agli appalti che vanno sempre agli stessi, su cui prima o poi sarebbe necessario fare chiarezza, ma anche alle rare volte in cui qualche cliente mi chiama dall’interno di una corsia per aver un servizio dalla nostra azienda di ambulanze».

Cosa accade?
«Si parte dai vigilantes che ti fanno mille problemi all’ingresso; poi certi soggetti ci seguono fino in corsia, per controllare cosa facciamo, che arrivano persino a interrogare il mio personale con fare minaccioso».

Calma, un attimo. Chi segue chi? Chi fa le domande?
«È accaduto di recente. Sono quelli delle altre ambulanze, che stazionano sistematicamente in ospedale, che presidiano il triage e che controllano se ci sono altri professionisti del settore che entrano - sottolineo: legittimamente - in un ospedale pubblico a fare il proprio mestiere».

E cosa vogliono?
«Intimidire, minacciare. Lo dicono in modo esplicito: “Il Cardarelli è nostro, guai a voi se entrate qua dentro”. E a nulla serve ribadire che se un cliente ti chiama dalla corsia, non ti puoi rifiutare di andarlo a prendere. Ma poi a che titolo ti seguono? Che diritto hanno loro di presidiare il Cardarelli o qualsiasi altro ospedale?».

La Dda di Napoli ha acquisito i tabulati delle telefonate interne al Cardarelli: sospettano che qualcuno avvisi sempre le stesse aziende, quando c’è da fare svolgere un servizio. Ma un servizio tanto delicato non viene regolato da appalti?
«Quelle delle chiamate dall’interno è solo la punta di un iceberg e non è neppure l’aspetto più grave».

In che senso? 
«Partiamo dagli appalti. È da queste procedure che bisogna fare chiarezza. Vede, spesso vincono agenzie che hanno organici costituiti da volontari, usati come lavoratori in nero. Sono associazioni di volontariato in cui è facile inserire soggetti in odore di camorra o lavoratori in nero spacciati per assistenti: è una evidente violazione del regime di concorrenza, dal momento che ci sono aziende come la mia che pagano stipendi e contributi a dipendenti, senza ricorrere a strane forme di volontariato».

Ha mai denunciato queste presunte irregolarità?
«Anni fa, denunciammo tutto: ci incendiarono una macchina e vennero a sparare dentro le nostre abitazioni. Ma sono pronto a rilanciare, mi auguro che un magistrato al più presto decida di ascoltarmi, sono pronto a fornire un’altra testimonianza».

Il Cardarelli è l’ospedale più importante del sud, anche se di recente ha fatto notizia la storia dei furbetti del cartellino denunciati, non crede che sia esagerato parlare di presìdi abusivi in quell’ospedale?
«È cronaca vera, realtà vissuta dai miei operatori. Quando raramente ci accostiamo a quella struttura, c’è chi ci ostacola, chi ci segue, fino a quando qualcuno si avvicina a noi per farci il solito interrogatorio: chi siete? Che ci fate qua? E ancora, ci dicono: “Ma non lo sapete che l’ospedale è nostro?”. Basterebbe allontanare queste persone dai triage e dalle corsie, impedire stazionamenti interni, agevolare solo il lavoro di chi entra in quella cittadella ospedaliera forte di un appalto o perché chiamato da un paziente che nutre fiducia per un certo operatore. Poi bisogna fare pulizia negli appalti: basta con le imprese che inquadrano finti volontari (senza pagare le tasse) o che assoldano soggetti in odore di camorra. Possibile che sul servizio trasporto infermi nessuno abbia realmente intenzione di fare pulizia?». 
 
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