«Cardarelli, appalto scritto a quattro mani? Dobbiamo distruggere le prove»

«Cardarelli, appalto scritto a quattro mani? Dobbiamo distruggere le prove»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 11 Novembre 2017, 10:36 - Ultimo agg. 12 Novembre, 13:06
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Una «straordinaria attitudine ad inquinare le prove» da parte di alcuni esponenti di vertice di una delle aziende del gruppo Romeo. Ne sono convinti gli inquirenti napoletani, a leggere la mole di intercettazioni oggi depositate agli atti nel corso dell'inchiesta che ha coinvolto Alfredo Romeo, ma anche dirigenti del Comune e della sanità partenopea. Ieri mattina, primo incontro dinanzi al gip per gli interrogatori di garanzia, silenzio da parte degli indagati finiti agli arresti domiciliari: parliamo di Alfredo Romeo, del suo vice Ivan Russo; del dg del Cardarelli Ciro Verdoliva (agli arresti per episodi che nulla hanno a che vedere con Romeo, ndr); del dirigente comunale Giovanni Annunziata (quest'ultimo, difeso dal penalista Roberto D'Aiello, ha mostrato il certificato che attesta la sua collocazione in pensione da qualche settimana).

Interrogatori rinviati, di fronte alla necessità di leggere le carte per le difese, in uno scenario che si articola su più livelli. Restiamo a Romeo, indagato numero uno di plurimi presunti casi di corruzione, e alle vicende interne al suo gruppo. C'è la convinzione da parte della Procura (pm Carrano, Raffaele e Woodcock), di un accordo tra alcuni stretti collaboratori di Romeo e l'ex dirigente Annunziata per creare un «appalto a quattro mani», «cucito addosso» alle aziende del patron posillipino.
 
Un bando mai portato a termine - chiariscono gli stessi inquirenti - per mancanza di copertura economica, che attesterebbe però il legame tra pubblico e privato, non solo nella fase di progettazione, ma anche quando si tratta di distruggere le tracce di accordi e contatti ritenuti clandestini. Scrivono gli inquirenti, leggendo le intercettazioni dell'autunno del 2016, sia nell'ufficio romano di via Pallacorda, sia in quelli napoletani: «Si suggella la straordinaria attitudine dei protagonisti ad inquinare le prove». Ma in cosa consistono queste accuse? Agli atti della nuova indagine a carico di Alfredo Romeo, c'è la presunta collaborazione tra Giovanni Annunziata e Fabio Angelico (della Romeo gestioni), alla stesura del bando pubblico, un appalto in capo al Servizio controlli ambientali che era diretto proprio dallo stesso Annunziata, sulla «ispezione delle caldaie e degli impianti termici nel comune di Napoli». Chiariamolo subito: l'appalto da 800mila euro non va in porto, per mancanza di finanziamenti, ma la Procura punta i riflettori sul presunto accordo sotto banco. Angelico e Annunziata convengono sulle «modifiche da apportare al bando, sulla necessità di mettere «in bella copia» la bozza, sulla opportunità di mettere tutto «su una pen drive» per non disperdere il lavoro fatto. Poi, ad ottobre dello scorso anno, accade l'irreparabile, quando i carabinieri di Napoli mettono a segno i primi blitz. Ha inizio la ritirata strategica, che coincide con la necessità di distruggere quelle bozze, a partire dalle carte con tanto di correzioni evidenziate in giallo. In questo scenario, secondo la ricostruzione della Procura, entrano in gioco anche Enrico Trombetta e Raffaele Scala, altri due esponenti di vertice del gruppo Romeo. Trombetta si dice preoccupato per l'esistenza di un file, ma viene rassicurato da Scala, che gli ricorda che dovrebbe essere stato distrutto da una terza persona (per gli inquirenti si tratta di Annunziata). È in questa conversazione che Trombetta ricorda il bando «che si erano fatti», usa poi l'espressione «cotta su misura», un punto sul quale la Procura decide di ascoltare anche la voce di un testimone. Viene convocato Carlo Vadorini, vale a dire l'uomo proposto da Annunziata per una assunzione nel gruppo Romeo, in cambio - sempre secondo i pm - di una serie di favori dall'interno del Comune. Cosa dice Vadorini ai pm? È il 18 novembre scorso, quando il teste, «ha riferito senza mezzi termini: Alla vostra domanda rispondo che ricordo che l'Annunziata mi ha confidato che quelli della Romeo gli avevano chiesto di predisporre e cucire su misura (rispetto alle caratteristiche della Romeo Gestioni) un bando di gara inerente ad un appalto che il Comune di Napoli avrebbe dovuto bandire». E non è tutto. In un'altra intercettazione ambientale, i carabinieri attribuiscono a Trombetta una frase calata tra tanti punti sospensivi «e poi abbiamo distrutto le carte», che allude proprio al tentativo di inquinare le prove.

Scenario da prendere con le molle, materiale sul quale il gip Mario Morra non sempre condivide le conclusioni degli inquirenti. Stesso discorso che va doverosamente fatto, a proposito del presunto dossieraggio attribuito ad Annunziata per colpire «l'odiato» Luigi De Magistris. Un capitolo nel corso del quale l'ex dirigente comunale dialoga con Romeo, proponendogli una serie di carte sulla gestione dello stesso patrimonio comunale. Non ci sono riscontri - scrive il gip - lo scenario è «evanescente, dal momento che non si capisce quale sarebbe stata l'utilità per Romeo di possedere i dati proposti da Annunziata». Stesso discorso per quanto riguarda Antonio Bassolino, (che non è stato mai iscritto nel registro degli indagati), per il quale i pm non hanno neppure avvertito l'esigenza di convocarlo per ascoltare la sua versione come persona informata dei fatti. Anzi. In questa vicenda, gli inquirenti convocano come teste Carlo Vadorini, al quale Annunziata aveva confidato di essere stato contattato dal «presidente» (Bassolino) interessato ad avere i dati sul patrimonio e di avergli consegnato «il suo lavoro». Cosa dice Vadorini ai pm? È il 18 novembre del 2016, il teste conferma che Annunziata stava raccogliendo documenti, «tuttavia non mi ha detto se tale dossieraggio era stato commissionato da Romeo o da altri», alludendo addirittura che quei dati sensibili e compromettenti per De Magistris «potessero servire alla parte politica avversa».