Stanchi, rassegnati e in cerca di una via di fuga dai troppi rischi: stillicidio di abbandoni da parte di medici, chirurghi, grandi clinici della Sanità pubblica partenopea. Come Pio Zannetti, primario della rianimazione dell'Ospedale del mare che a luglio di un anno fa si dimise per lavorare all'ospedale accreditato Pineta Grande di Castel Volturno. Realtà sanitaria di primo piano, quest'ultima, dotata di pronto soccorso e di tutte le discipline. A seguire le sue orme, dopo pochi mesi, è stato Pietro Maida, 58 anni, chirurgo, da tre anni all'Ospedale del mare vincitore di concorso dopo i 30 trascorsi a Villa Betania, di via Argine, di cui 13 da primario. Oggi ha un ruolo apicale nel gruppo Malzoni di Avellino dove continua a operare 12 ore al giorno con notevoli soddisfazioni personali.
Tra i camici bianchi che hanno detto addio anzitempo alle corsie rispetto all'età della pensione va annoverato Vittorio Helzel, primario del pronto soccorso dell'Ospedale del mare. A 64 anni, dopo 27 trascorsi al Pellegrini e quattro al vertice della prima linea del presidio di Napoli est che aveva contribuito a far decollare ha lasciato a novembre scorso anche per alcune incomprensioni con la dirigenza.
«In realtà ho colto l'opportunità offerta da quota 100 per il pensionamento» spiega.
Tra coloro che hanno deciso di lasciare anzitempo, recidendo un legame che sembrava indissolubile con la Sanità pubblica, va ricordato Maurizio De Palma, primario della Chirurgia generale del Cardarelli. Bisturi apprezzatissimo, grande esperto della chirurgia della tiroide, vero e proprio caposcuola, ha detto addio a dicembre con due anni di anticipo. Ora lavora alla Sanatrix dove si effettuano oltre 40 interventi al giorno tra Chirurgia, Ginecologia e Ortopedia a fronte dello stop che attualmente frena le attività del Cardarelli. «Non immaginavo tanta organizzazione ed efficienza in clinica con personale accogliente e professionale - avverte - in effetti un buon privato convenzionato è complementare al pubblico che così può dedicarsi a emergenza ed alta complessità». A sostituire de Palma è il suo aiuto Nicola Sangiuliano, considerato un vero e proprio talento naturale, anche in laparoscopia e robotica. Al Cardarelli a fine novembre è andato via anche il primario di Neurochirurgia Pasquale Caiazzo, in questo caso per raggiunti limiti di età, ultimo allievo del caposcuola Francesco Castellano. L'ultima sua conquista, inseguita per anni, è un'unità di Rianimazione interamente dedicata alla disciplina. Al Cardarelli si contano anche le defezioni della Anatomia patologica dove ha lasciato Gianfranco De Dominicis. Tra coloro che non hanno fatto nulla per prolungare la permanenza in reparti e sale operatorie della Asl Napoli 1 va annoverato Paolo Capogrosso, ex primario di Cardiologia del San Giovanni Bosco la cui squadra è oggi affidata a Paolo Tammaro rimaneggiata da tanti abbandoni. Da registrare la vincita del concorso da primario in medicina di urgenza di Gennaro Napolitano per anni facente funzioni ma oggi orfano del reparto al palo per mancanza di personale. La day surgery? Per ora è sacrificata alle ragioni del Covid.
Vuoti in organico si registrano anche al Pascale: all'Istituto tumori di Napoli ha da poco mollato la presa Massimo Rinaldo affermato chirurgo senologo: a 62 anni, dopo aver atteso invano la conclusione del concorso da primario impantanato da 7 anni, da un mese si è trasferito alla clinica Villa Fiorita a Napoli, struttura che fa parte della rete oncologica regionale, sede di un Gom (gruppo oncologico multidisciplinare) che pertanto non priverà le sue pazienti di un approdo qualificato all'interno della rete sanitaria della città. Un quadro a tinte fosche in cui le ragioni dei medici vengono ben rappresentate da un recentissimo sondaggio dalla Cimo-Fesmed, che con un sondaggio ha tracciato l'identikit del vissuto dei medici. Su 4.258 ospedalieri censiti la Campania con 441 è la più rappresentata. Il 70% degli intervistati vorrebbe continuare ma solo il 27% nel pubblico, il 19,4% andrebbe all'estero, il 15,6% nel privato, il 12.8% opterebbe per la libera professione e il 25,2% preferirebbe anticipare il pensionamento. Pesano il caos organizzativo, il credito di ferie, l'orario di lavoro che nel 64% dei casi va molto oltre le 38 ore, i turni massacranti e le frustrate aspirazioni professionali.