Napoli, l'infermiera dietro il vetro rotto: «Vi racconto 10 minuti d'inferno ai Pellegrini»

Napoli, l'infermiera dietro il vetro rotto: «Vi racconto 10 minuti d'inferno ai Pellegrini»
Maria Pirrodi Maria Pirro
Lunedì 31 Gennaio 2022, 18:51 - Ultimo agg. 23:55
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Lei è dietro quel vetro rotto. Ha gli occhi carichi di tensione, il cuore in subbuglio, le mani che tremano sul pc. «Già dopo il primo dei due cazzotti contro lo sportello, la pressione è a 200, i battiti sono almeno 150 al minuto. Tant'è che i colleghi devono soccorrere me, l'infermiera che accoglie i pazienti all'ospedale dei Pellegrini». E, questa volta, è costretta a riposo. I.S., addetta al triage e rappresentante sindacale NurSind aggredita sabato 29 gennaio.

Com'è andata?

«Un ragazzo, di neanche 30 anni, ha iniziato a urlare prima ancora di raggiungere lo sportello del triage: aveva mal di denti e voleva essere visitato subito.

Senza aspettare il suo turno. Senza pagare la prestazione poiché inquadrata come codice bianco. Senza presentare il documento di identità richiesto».

Inutile cercare di convincerlo.

«La mia collega ha tentato di farlo ragionare, ma lui ci ha minacciato e scaricato addosso una serie di "titoli nobiliari"».

Insulti, per dirla senza ironia.

«Parolacce a non finire, ma le aggressioni verbali sono all'ordine del giorno. In questo caso è andata peggio, perché il giovane ha preso a pugni il vetro, mandandolo in frantumi e richiamando falchi e poliziotti sul posto. L'accaduto è anche stato ripreso dalle telecamere della struttura, messe in bella vista proprio per far desistere i malintenzionati».

Gli occhi elettronici funzionano da deterrente?

«Non proprio. La mia aggressione è avvenuta subito dopo un'altra, ai danni di un collega preso letterlalmente a calci, nel suo caso 21 i giorni di prognosi. Insieme, la settimana precedente, avevamo organizzato un flash mob di protesta».

Per dire cosa?

«Che oramai andiamo a lavorare con l'ansia anziché con il sorriso. Che ci guardiamo le spalle, cercando di proteggerci a vicenda. Ma non possiamo risolvere noi il nodo sicurezza: persino il 25 dicembre, il giorno di Natale, a un collega è stato lanciato contro ogni sorta di epiteto da un paziente che voleva farsi curare una macchiolina sulla pelle senza registrazione del passaggio in ospedale».

Al pronto soccorso lavorare è più faticoso.

«Ho 49 anni, da 25 faccio questo mestiere e negli ultimi otto sono in servizio ai Pellegrini di Napoli. Per scelta, perché mi sento utile qui: questo posto è la mia famiglia».

Ma è sempre stato così duro?

«Con la chiusura degli altri pronto soccorso a Napoli, dovuta anche all'emergenza Covid, i problemi sono aumentati perché l'attesa è più lunga per visite ed esami».

Colpa del sovraffollamento. Quel giorno quanti pazienti erano in fila?

«Cinque, di cui tre codici gialli, cioè con priorità perché casi più gravi rispetto al codice bianco. E, tra questi, due erano già in attesa della visita da circa tre ore, quando quel giovane ha preso a pugni il vetro. Ma, è importante chiarire, lui ha inferto i colpi dopo 10 minuti di discussione, prima ancora che potessimo compilare la sua scheda». 

E non è un caso isolato...
«Certo che no. La chiusura degli altri pronto soccorso ha aumentato gli accessi ai Pellegrini, il nostro oggi è il secondo ospedale per numero di visite in regime di emergenza, è solo dopo il Cardarelli, ma ha meno spazio e personale. E poi...»

E poi, cosa?
«La pandemia ha anche incattivito le persone e complicato il lavoro: in tanti ritengono che il virus sia addotto da noi come scusa per fare poco o nulla, ignorano che siamo chiamati a rispettare precisi protocolli e registriamo ancora tanti casi di infezione che dobbiamo gestire in stanze di isolamento e, a volte, i positivi al Covid restano al pronto soccorso, non è facile trasferirli. Senza parlare dei barellati nei reparti e dei no vax che, colpiti dalla malattia, non vogliono nemmeno farsi aiutare...».

Cosa chiede?

«Un drappello di polizia al pronto soccorso, perché le forze dell'ordine sono i nostri angeli custodi, vengono subito quando li chiamamo, ma devono essere presenti sempre. Inoltre, le pene vanno inasprite e rese certe».

Nell'attesa di una svolta, ha ricevuto tanti attestati di solidarietà?

«Dai colleghi, dai medici, dal mio primario, e anche dal direttore sanitario della Asl Napoli 1, Mariella Corvino, proprio attraverso le pagine del Mattino».

È stata appena istituita una giornata per dire no alla violenza contro i medici, il 12 marzo. Che ne pensa?

«Dovrebbe essere il 12 marzo tutti i giorni, uno solo non basta. Bene l'iniziativa, come quella analoga contro la violenza sulle donne, ma solo se può, se possono contribuire a rafforzare la sicurezza nel quotidiano».

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