Napoli, partorisce in casa poi la corsa
​in clinica: «Stiamo bene, ma che odissea»

Luisa allatta il figlio Gabriele appena nato
Luisa allatta il figlio Gabriele appena nato
di Gennaro Morra
Martedì 14 Luglio 2020, 07:33
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Gabriele ha appena qualche giorno di vita, ma ha già una bella storia da raccontare quando sarà più grande. Infatti, la sua venuta al mondo ha in sé qualcosa di sorprendente e avventuroso, degno di una di quelle commedie cinematografiche leggere e divertenti, che offrono allo spettatore un’ora e mezza di spensieratezza nella convinzione che certe scene possono essere solo frutto della vivida fantasia degli sceneggiatori. E invece spesso succede che incidenti e contrattempi possono verificarsi tutti insieme, nel giro di poco più di un’ora, trasformando un parto in una piccola odissea.
 
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«A pensarci sono ancora incredula – confessa Luisa, la giovane madre del neonato –. Alle 18 del pomeriggio ho fatto l’ultimo controllo in clinica e nulla faceva pensare a un parto imminente, anche se, comunque, ero al termine del periodo di gestazione». Oltretutto, la donna è un’ostetrica e il compagno è un ginecologo, quindi il futuro nascituro è in una botte di ferro: «E invece mi sono svegliata in piena notte con le doglie – racconta la 30enne –. Peppe (il padre del bambino, ndr) ha avuto appena il tempo di andare a prendere l’auto e risalire, mi ha trovato già con le acque rotte e pronta per partorire». A quel punto non c’è più tempo per andare nemmeno all’ospedale più vicino: «La nostra cucina si è trasformata in una sala parto, ma, anche se siamo del campo, non eravamo attrezzati per un evento simile, addirittura eravamo sprovvisti di siringhe».
 
Ma Peppe e Luisa non sono soli: «Per fortuna ci hanno raggiunto mia madre e mia sorella, che hanno portato l’occorrente e hanno assistito Peppe durante il parto – racconta la donna –. È andato tutto liscio e 40 minuti dopo le prime doglie stringevo tra le braccia il mio Gabriele, mentre il padre aveva già effettuato il clampaggio del cordone ombelicale, fermando il flusso sanguigno con un nastro rosa, e poi tagliandolo utilizzando un trinciapollo. Nel frattempo, il nostro primo figlio di quattro anni si era svegliato e gridava di gioia per l’arrivo del fratellino».
 
Luisa e il piccolo Gabriele in auto mentre partono per andare in clinica

I due pensano che il “peggio” è passato e ormai non resta che raggiungere la clinica Santa Maria la Bruna di Torre del Greco dove lavorano, ma è a questo punto che iniziano i colpi di scena: «Ci mettiamo in macchina per andare in clinica, ma pochi chilometri dopo scoppia uno pneumatico – ricorda Luisa –. Un attimo di panico, poi chiamiamo mio suocero perché ci raggiunga con la sua auto. Quando arriva, io, Peppe e il bimbo saltiamo sull’altra macchina e filiamo via, ma dimentichiamo di prendere il telecomando dell’antifurto, che puntualmente scatta dopo qualche chilometro, bloccando la vettura. Altro momento di panico, ma a quel punto decidiamo di chiedere soccorso ai nostri colleghi della clinica. Nel frattempo, però, riusciamo a disattivare l’antifurto e decidiamo di ripartire, raggiungendo l’entrata della clinica opposta a quella dove eravamo attesi. Insomma, una notte di delirio, un’odissea che per fortuna ha avuto un lieto fine. E ora, a qualche giorno di distanza, possiamo riderne perché per fortuna stiamo tutti bene».
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